Il vescovo Dario Gervasi, delegato diocesano per la Pastorale familiare, presiedera’ la celebrazione eucaristica nella parrocchia della Santa Famiglia del Divino Amore il 7 febbraio alle ore 12 per la 43esima Giornata per la Vita.
L’esortazione è quella di rimanere alla luce del Signore, perché è questa che ci porta a vivere per l’eternità. Lo sottolinea padre Giuseppe Midili, direttore dell’ufficio liturgico del vicariato, che questa settimana celebra la Messa quotidiana al Divino Amore.
Gesù “dà la vita perché ama”, ma proprio per questo segue la volontà del padre e così “non perde la vita, ma la ritrova”. Durante la Messa dal Santuario del Divino Amore, Padre Midili spiega il Vangelo del giorno, la prosecuzione del passo del Vangelo della domenica sul Buon Pastore. È un capitolo, quello di Giovanni, che accompagnerà la liturgia tutta la settimana.
Gesù non viene riconosciuto dalla sua gente, non ne riconoscono i prodigi, perché i suoi compaesani lo vedono come il figlio del falegname. E così succede anche a noi, che non riconosciamo “tanti profeti, mandati da Dio sulla nostra strada, ogni giorno. Soprattutto deboli, che non contano. Quanti deboli sfruttati e non riconosciuti perché non contano nulla!”
Cristo ci invita a riconsegnare tutto a lui, e questo è “l’unico modo d i riprendere gli orizzonti dell’eternità”. Per questo, si deve “riconsegnare a Dio tutta la nostra esistenza, perché il Signore ci possa consolare, liberare, guarire e ci possa accompagnare in questo tempo”.
Gesù è venuto per radunare tutti i popoli sotto la sua parola, e lo Spirito Santo è la forza attrattavi di Dio. E la Chiesa è al servizio di questo progetto di radunare tutti sotto Cristo, anche “in tempo di coronavirus”, quando i modi sono diversi, ma c’è sempre “l’azione dello Spirito Santo che entra nelle nostre case chiuse, come nella comunità dei discepoli al cenacolo, per radunarci e farci diventare un solo corpo con il corpo del figlio”.
Il Vangelo del giorno prosegue il dialogo tra Gesù e Nicodemo, e Gesù spiega a Nicodemo che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito”. Ed è per questo amore che la nostra vita di cristiani deve essere basata sull’accogliere, più che sul fare.
Con il Battesimo, con l’Eucarestia, con la partecipazione alla Messa, siamo “rinati dall’alto e in noi è cominciata una nuova vita. E spesso ce ne dimentichiamo, non facendo attenzione al tesoro che abbiamo dentro”. Don Andrea Cavallini commenta così il Vangelo del giorno, nella consueta messa organizzata dalla diocesi di Roma al santuario del Divino Amore.
La fede “non è la semplice speranza nella buona sorte”, né la fortezza eroica, né il fanatismo, ma è ciò che ci libera dalla paura, perché grazie alla fede in Gesù Cristo siamo uomini liberi , “peccatori sempre perdonati” che non hanno bisogno di difendersi da nessuno. È il cuore dell’omelia di don Giuseppe Castelli, nella Messa serale curata dal Vicariato di Roma presso il Santuario del Divino Amore.
Come Marta e Maria chiamarono Gesù perché il fratello che amava era malato, così siamo chiamati a fare anche noi, perché in quel richiamo c’è una certezza: che dove non c’è Dio e non c’è vita. E allora, è il tempo di credere, di rimanere “nella luce della professione di fede, sostenendoci nella luce perché senza sostegno continueremmo a inciampare a cade”, con l’appello di “non allontanarsi dalla Chiesa.
Nella messa di questa sera al Santuario del Divino il rettore don Gerardo di Paolo, parroco a Santa Maria della Fiducia ha commentato il Vangelo di oggi dicendo che anche Gesù ha avuto paura.
Non è un Dio che ci abbandona, ma è un Dio che “ci apre la porta della sua casa”, la cui grandezza sta “nella decisione di starci vicino al punto di condividere la nostra sorte”. Ed è per questo che “nella vita e nella morte siamo dunque compagni di Dio”.