Nel suo articolato discorso di ringraziamento per il conferimento del dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università Giovanni Paolo II e dell’Accademia di Musica di Cracovia, il Papa Emerito Benedetto XVI si è soffermato su tre parole chiave: musica, liturgia e Concilio Vaticano II.
“Senza di lui il mio cammino spirituale e teologico non è neanche immaginabile.” E’ Papa Benedetto che parla di San Giovanni Paolo II. Joseph Ratzinger, forse il più grande teologo vivente, parla del santo che ha cambiato la sua vita. Benedetto XVI, oggi Papa emerito, rompe la sua vita di riservo scelta da febbraio 2013 e lo fa in omaggio al santo che lui ha sempre chiamato semplicemente: il Papa.
C’è “corrispondenza tra liturgia e vita”, quella “celebrazione liturgica che poi io porto nella mia vita; e su questo si deve andare ancora più avanti, si deve fare ancora tanto cammino”. Ecco perché c’è bisogno di un “culto autentico”: è “un richiamo che vale per ogni epoca e anche oggi per noi. Quella corrispondenza tra liturgia e vita. La liturgia non è una cosa strana, là, lontana, e mentre si celebra io penso a tante cose, o prego il rosario. No, no”. Fa riferimento alla riforma più visibile del Concilio, papa Francesco, e a cinquant’anni da quel 7 marzo 1965, come Paolo VI, torna nella parrocchia romana di Ognissanti per ricordare la prima messa in lingua corrente celebrata proprio in quel tempio sulla via Appia nuova.