Giorni fa, passeggiando in una via del centro di Padova, ci si poteva imbattere in una vetrina particolare di una piccola, elegante libreria. La vetrina era a tema, dedicata alla Provenza, presentando una serie di libri fotografici, con le immagini che hanno immortalato quella regione felice: campi di lavanda, bianche città, valli e boschi.
Le visite a santuari e monasteri, soprattutto in questo periodo dell'anno, sono più frequenti, si moltiplicano le, possibilità e le occasioni per fare un pellegrinaggio, una sosta, anche una breve vacanza.
Ci sono tragedie che non possono mai concludersi, che rimangono a scavare solchi profondi di dolore nonostante gli anni, i decenni, i secoli. Sono ancora oggi vita quotidiana la tragedia del popolo armeno, il suo genocidio spietato, il Grande Male, come per triste tradizione viene chiamato, e, insieme, la sua storia millenaria e la sua fede, la "resistenza" di questa entità inscindibile: il popolo e la sua fede.
A San Pietroburgo le strade, le grandi vie alberate lungo la Neva, la Prospettiva Nevski, le cupole dorate, tutto incanta e rievoca visioni lontane, grandiose, e fa tornare davanti agli occhi, come se si stessero leggendo proprio in quel momento, le grandi pagine dei romanzieri russi, come Tolstoj, Turghenev, soprattutto Dostoevskij.
E' notte fonda, una notte in cui le stelle si vedono lontane, come se le si osservare dal fondo di un baratro. Una corda ella fatta di pezzi di lenzuola strappate scivola giù, senza far rumore, dalla finestrella stretta del convento, massiccio come una fortezza. Un uomo piccolo, esile, si cala lentamente.
La meraviglia è dietro l'angolo, non occorre peregrinare in paesi esotici per provare emozioni forti, per provare che la vita è una sfida continua all'avvio e al banale, purché non le si resista, purché non si pretenda di incasellarla in schemi e formule.
E' conosciuto come il Santo senza nome, tra i padovani e milioni di altre persone al mondo. Nel senso che è talmente familiare, vicino al cuore e alla vita dei suoi devoti, intrinseco alla storia stessa della città di Padova, che ci si rivolge così, chiamandolo semplicemente il Santo.
Il vecchio orafo ebreo Melchisedec vive da sempre nel Ghetto di Venezia, dove, per editto della Serenissima, si deve abitare in spazi ridotti, in case strette e buie, senza poter vedere il mare e il cielo.
Per la prima volta, nella sua breve e tragica esistenza, qualcuno le offre la possibilità di indossare un abito, una semplice tunica, è vero, ma che subito le restituisce la dignità del proprio corpo.
Vivere con gli ultimi della terra, vivere con loro, vivere attraverso loro e il loro dolore. Forse si potrebbe riassumere con queste parole la straordinaria esistenza di Gregoire Ahongbonom.
"Camminando nasce il cammino", scrive il poeta Antonio Machado. Camminare è l'atto primigenio della vita, o meglio della capacità di diventare individuo, dotato di una propria volontà. "Passeggiava il Signore Dio nel giardino alla brezza del giorno", si legge nel libro della Genesi. Camminare, esistere, dunque. Atto di creazione.