Sulla scia della devastante ondata di violenza che ha colpito la comunità cristiana, i residenti di Jaranwala, un distretto dello stato pakistano del Punjab, stanno affrontando le conseguenze. Secondo un esperto, tuttavia, il problema è radicato e sistemico.
I legislatori pakistani hanno approvato una legge che prevede l'ergastolo per chi insulta una moglie, un familiare o un compagno del profeta islamico Maometto.
Nel luglio 2013, Shagufta e Shafqat Emmanuel, una coppia cattolica di Mian Channu, una piccola città 155 miglia a sud di Lahore, in Pakistan, sono stati arrestati con false accuse di blasfemia. Dopo otto anni nel braccio della morte, separati l'uno dall'altro e dai loro quattro figli, sono stati finalmente rilasciati il 3 giugno 2021 dall'Alta Corte di Lahore. Finalmente libera, Shagufta condivide la sua storia con ACN, con le sue stesse parole.
Si chiamano Marian Lai e Navish Arooj le due infermiere di Faisalabad che sono state messe sotto accusa per blasfemia in Pakistan. Le due donne avrebbero strappato da un armadio un adesivo che recava dei versi del Corano. È l’ennesimo caso di due donne cristiane che rischiano di essere condannate per presunto vilipendio alla religione. Il caso più famoso è quello di Asia Bibi, che dopo essere stata condannata a morte, è stata liberata nel 2019 dopo un lungo calvario. Secondo dati di inizio 2020 della National Commission for Justice and Peace, un organo legato alla Conferenza Episcopale Pakistana, sono 187 i cristiani attualmente sotto accusa per blasfemia.
Dopo 9 anni di carcere è finito il calvario di Asia BIbi. La donna è stata assolta. Oggi 31 ottobre, la Corte Suprema del Pakistan ha dichiarato innocente la donna cristiana, madre di cinque figli, arrestata per blasfemia nel 2009, e condannata a morte per lo stesso crimine nel 2010.
Non c’è stato l’invito a Papa Francesco perché vada in Pakistan. Perlomeno, non ufficialmente. L’arcivescovo Joseph Coutts di Karachi nega che i vescovi abbiano messo sul tavolo il tema, che spetta alla politica. Ma racconta di una visita ad limina intensa, per i cinque vescovi del Pakistan. E di un incontro con Papa Francesco durante il quale tutti hanno messo sul tavolo i problemi, ma anche le speranze.
«Quando un’accusa di blasfemia è rivolta ad un musulmano è lui il solo a pagarne le conseguenze, mentre se ad essere incolpato è un cristiano, l’intera comunità è ritenuta responsabile». È il commento rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da monsignor Sebastian Francis Shaw, arcivescovo di Lahore, dopo quanto accaduto domenica 24 maggio a Sanda, un quartiere a maggioranza cristiana della metropoli pachistana.
“Il Papa ci ha benedetto e incoraggiato.” Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, è stato in Italia per due giorni. Ha chiesto al Papa, alla comunità internazionale, di prendere a cuore il caso di sua moglie, pakistana, madre di cinque figli, arrestata per blasfemia nel 2009, e condannata a morte per lo stesso crimine nel 2010. Ora detenuta in una prigione vicino Lahore, in Pakistan, Asia Bibi ha visto respinto l’appello presentato alla Corte di Lahore lo scorso 16 ottobre, e ora attende gli esiti dell’appello alla Corte Suprema del Pakistan. Ci potrebbero volere anni. La sola speranza è il perdono presidenziale.