Paolo Cipriani e Massimo Tulli, ex direttore e vicedirettore generale dell’Istituto delle Opere di Religione, sono stati condannati in appello per mala gestio e al risarcimento di 40,5 milioni di euro più il pagamento delle spese processuali. La sentenza conferma quella del Tribunale di primo grado vaticano
Le agenzie di stampa hanno dato risalto al fatto che per la prima volta in Italia dirigenti dell’Istituto delle Opere di Religione (lo “IOR” erroneamente detto “banca vaticana”) sono stati condannati per una violazione delle norme antiriciclaggio. Ma questo è solo un lato della storia. In realtà, Paolo Cipriani e Massimo Tulli, direttore generale e suo vice ai tempi dei fatti, sono stati riconosciuti colpevoli di solo 3 dei 9 capi di imputazione. E sono 3 operazioni minori rispetto a quelle che costituivano l’impianto principale del processo e che avevano catturato l’attenzione dell’opinione pubblica.
Con un articolo comparso sulla cronaca romana di un noto giornale nazionale è ricomparsa la retorica su una presunta mancanza di trasparenza nell’Istituto delle Opere di Relgione, la cosiddetta “banca vaticana”. Un articolo in cui – afferma padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede – “è stata fattamenzione di alcune circostanze relative allo IOR, alla sua attività e ai suoi utenti che non rappresentano in maniera accurata la realtà dei fatti e rendono necessaria una rettifica”.