Credere significa non solo ammettere l’esistenza di Dio, o accettare le cose che Egli ha rivelato, ma accogliere Lui che merita la nostra fiducia ed entrare nel suo progetto e nel “Suo metodo”, che rompe i nostri schemi e il nostro modo di pensare. Il pericolo sempre incombente è quello di ridurre Dio alla nostra portata e di piegarlo alle nostre esigenze e alle nostre ridotte prospettive e visuali di vita.
Chi è Gesù? La domanda circa l’identità di Cristo attraversa da oltre duemila anni la storia dell’umanità. Si tratta di una domanda di fondamentale importanza perché dalla risposta dipende un preciso orientamento di vita.
Il messaggio centrale della parabola del tesoro nel campo e della perla preziosa è molto semplice. La sorpresa e la gioia di avere trovato qualcosa di grande, di impensabile e di unico spinge a lasciare quello che già si possiede e a compiere sacrifici enormi per conseguire ciò che sta a cuore.
Nel brano di vangelo Gesù racconta una parabola. Altre ne sentiremo nelle prossime domeniche. La parabola è un racconto che partendo dalla vita vissuta, dagli eventi quotidiani, di cui tutti hanno esperienza, parla di Dio e dunque facilita la comprensione della Verità non tanto con il ragionamento, ma illuminando la mente e la fantasia di chi ascolta.
Il brano di Vangelo di questa domenica inizia con un’espressione – in quel tempo Gesù disse - che sembra avere solo lo scopo di collegare tra loro i diversi eventi della vita di Gesù. In realtà descrive il clima di tensione e di insuccesso nel quale Gesù si trova a vivere e operare. Nel capitolo 11, al quale appartiene il testo, infatti, noi troviamo descritti i dubbi di Giovanni il Battista circa l’identità e missione di Gesù, quindi il rifiuto da parte degli ebrei sia di Giovanni che di Cristo ed infine la dura condanna nei confronti delle città di Corazin, Betsaida e Cafarnao i cui abitanti, nonostante i numerosi miracoli in esse compiuti, non avevano creduto in Cristo.
La festa che celebriamo oggi – del Corpo e del Sangue di Cristo – è nata nella Chiesa per tenere viva la fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. Il Corpo e il Sangue di Cristo, dunque, non sono “cose sacre” ma sono il Signore stesso. Gesù l’afferma chiaramente nel Vangelo quando dice di se stesso: “Io sono il pane vivo”. Un pane che è capace di dare la vita eterna.
Dopo aver celebrato i misteri della salvezza – dalla nascita di Cristo a Betlemme fino alla venuta dello Spirito Santo a Pentecoste – la Liturgia ci porta a contemplare il mistero centrale della nostra fede: la santissima Trinità, fonte di tutti i doni e di tutte le grazie, mistero ineffabile della vita intima di Dio.
Lo Spirito Santo si manifesta con il fuoco ed il vento. Il fuoco nella Sacra Scrittura è immagine dell’amore che penetra tutto; il fuoco, poi, purifica, riscalda, illumina. Questa ultima caratteristica serve a Gesù per spiegare ai suoi discepoli, e quindi anche a noi, che lo Spirito Santo ha la missione di fare chiarezza sulla persona di Gesù: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera…Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv. 16.13-14). E’ lo Spirito Santo, dunque, che porta alla comprensione piena della verità insegnata da Cristo e ci fa riconoscere la sua vera identità.
Dopo quaranta giorni dalla resurrezione, Gesù con l’Ascensione pone termine alla sua visibile presenza tra gli apostoli e promette la forza dello Spirito Santo. Si stacca da loro e fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi (At 1.8-9). L’Ascensione rappresenta il trionfo di Gesù. San Bernardo di Chiaravalle afferma che con l’Ascensione l’opera della salvezza appare compiutamente realizzata.
In ciascuno di noi c’è un desiderio profondo di essere amati e di amare, di non sentirci soli, di essere felici. Gesù ci rivela il vero volto di Dio come Padre ricco di misericordia. Nel suo testamento spirituale prima della sua partenza Egli lascia ai suoi discepoli il comandamento nuovo dell'amore fonte di gioia piena
Gesù ha appena iniziato la sua missione e già la sua fama si diffonde. La gente attirata dalle sue parole e colpita dai suoi miracoli gli porta i malati perché hanno capito che Egli guarda con amore tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito.
Gesù inizia la sua predicazione in modo anomalo. Non a Gerusalemme, centro politico e religioso del popolo ebraico, ma a Cafarnao una città di periferia che noi qualificheremmo multiculturale. Con questa scelta Gesù vuole sottolineare che il suo messaggio e la sua parola sono rivolti a tutti indistintamente e non solo ad un popolo particolare, quello ebraico. Il contenuto della sua predicazione è molto sintetico: Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino. Nel brano di oggi non ci viene detto che cosa è il regno di Dio e come esso è vicino perché è tutto il Vangelo di san Matteo che ci illumina il significato di questa espressione.
Domenica scorsa abbiamo celebrato la festa del Battesimo del Signore e abbiamo cercato di evidenziare come in questa festa sia riassunta tutta l’opera di salvezza realizzata da Cristo.
In quel tempo Gesù andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Così racconta il testo evangelico di questa domenica. Vogliamo chiederci innanzitutto che caratteristiche aveva il Battesimo di Giovanni. Era un battesimo di penitenza. La persona che accettava di farsi battezzate da Giovani manifestava pubblicamente la sua decisione di seguire la Parola di Dio e quindi di inserirsi in un cammino di vita nuova, cioè di conversione.