Quaranta pagine, tre parti, venti paragrafi e una conclusione: si presenta così il documento di sintesi del Sinodo 2023, nella sua bozza ancora non emendata. Alcuni paragrafi saranno cambiati, altri avranno una nuova formulazione, ma la struttura e le parti della bozza resteranno essenzialmente quelle già delineate. Resta aperta, invece, la questione della road map da portare avanti nell’anno che porterà alla seconda tappa del Sinodo, mentre tra le proposte è quella di istituire un sinodo permanente di vescovi eletti dalle conferenze episcopali a sostegno del ministero petrino.
La “Lettera al popolo di Dio” dei padri e delle madri sinodali non è una novità. Da sempre, il Sinodo dei vescovi ha inviato, al termine dei suoi lavori, un messaggio al popolo di Dio, o una lettera, o un documento che comunque si riferisse ai fedeli di tutto il mondo. Allo stesso tempo, questa lettera deve avere qualche novità, perlomeno nella stesura. Non può essere uguale al documento di sintesi che sarà invece approvato alla fine del Sinodo. Deve, soprattutto, dare il senso dei lavori del Sinodo.
La certezza di questo sinodo è che non c’è niente di certo, nemmeno il programma dei lavori. Così, la Commissione per la Relazione di Sintesi ha deciso nuovi criteri per la redazione del testo, che di fatto vanno a cambiare il calendario stesso dell’assemblea sinodale. È il segno che il processo di ascolto non permette una organizzazione, e che comunque si lavora molto sull’emotività del momento. Ma rappresenta anche un rischio: ci sarà mai qualcosa di davvero definito?
L’esperienza dei due vescovi cinesi inviati al Sinodo potrebbe terminare già oggi. Secondo alcune fonti, i due vescovi provenienti dalla Cina che hanno partecipato al Sinodo dovrebbero imbarcarsi già il 16 ottobre per tornare nella madre patria, terminando così una breve e intensa esperienza. La loro presenza al Sinodo ha comunque aperto ad una serie di interrogativi non di poco conto.
La nomina dei membri della commissione per la sintesi finale di questa prima parte del Sinodo ha rappresentato una sorta di punto di svolta per l’intera assemblea. La prima settimana, tra circoli minori e congregazioni generali, è infatti andata avanti in maniera interlocutoria, cercando di comprendere e apprendere le nuove metodologie sinodali. Ora si sa chi lavorerà sulla relazione di sintesi, e quindi si possono comprendere anche le sensibilità particolari che potrebbero avere più enfasi nella stesura del documento che concluderà questa prima parte di assise.
La Congregazione Generale del Sinodo è stata oggi trasmessa in diretta. Gli interventi, il corso dei lavori, la Messa iniziale potranno essere seguite dai giornalisti. Una decisione, questa, che sembra essere una deroga al mandato della riservatezza che era stato inserito già nel regolamento del Sinodo. E una scelta che, più che di trasparenza, sembra voler rassicurare: non c’è niente da tenere nascosto al Sinodo. In effetti, la diretta riguarda anche il fatto che c’è una presentazione del relatore generale. Questa presentazione - che è stata brevissima, quasi senza comunicazioni - sembra come parificata alla vecchia “relatio post-disceptationem”, che accadeva alla fine delle discussioni in congregazioni generali, ed è venuta dopo altre relazioni continentali. Ce ne sono tre, alla fine della discussione di ognuna delle tre sezioni del Sinodo. La prossima sarà il 13 ottobre, e poi un’altra il 18 ottobre. Forse anche queste saranno trasmesse in diretta.