L’appello arriva dopo la preghiera dell’Angelus, come di consueto. Prima della preghiera, Papa Francesco ha commentato il Vangelo del giorno, ricordando di guardare agli altri come fa Gesù, cioè guardando prima il bene del male.
Il discepolo di Gesù “non trova la gioia nel denaro o in altri beni materiali”, e non pensa di possedere “il senso della vita”, ma sa di “dover imparare ogni giorno”, secondo una povertà di spirito che lo rende “una persona umile, aperta, aliena da pregiudizi e rigidità”. Papa Francesco tratteggia così le caratteristiche dei cristiani, nella sua riflessione prima della preghiera dell’Angelus.
“Nessuno è profeta in patria”. È una constatazione amara, quella di Gesù, di fronte all’ostilità che trova di fronte alla sua prima predicazione davanti alla sua gente. Ma anche il segno che “quell’insuccesso non era del tutto inaspettato”, dice Papa Francesco. Che poi ricorda: Gesù segue la via dei profeti, “si presenta come non ce l’aspetteremmo”.
“Cosa dobbiamo fare?” È la domanda che i discepoli di Giovanni Battista fanno al maestro, toccati dalla sua predicazione. Ma non è una domanda che parte da “un senso del dovere. Piuttosto, è il cuore toccato dal Signore, è l’entusiasmo per la sua venuta che porta a dire: cosa dobbiamo fare?” Al termine dell’Angelus, una preghiera speciale per l’Ucraina, su cui sembrano spirare venti di guerra; il saluto ai popoli latinoamericani riuniti in piazza San Pietro per festeggiare la Vergine di Guadalupe; gli auguri a Caritas Internationalis per i suoi 70 anni, con la richiesta di snellire ulteriormente l’organizzazione perché i soldi “vadano ai poveri”.
Commentando il Vangelo di oggi, in cui Gesù rimprovera i discepoli che hanno impedito ad uomo di scacciare i demoni in nome suo, Papa Francesco mete in guardia dalla “tentazione della chiusura”, perché “ogni chiusura fa tenere a distanza chi non la pensa come lui”.
Anche oggi, l’incarnazione di Gesù suscita scandalo. Anche oggi, il fatto che Dio ha deciso di “attuare la salvezza nella debolezza della carne umana” fa allontanare le persone incredule. Ma non ci si deve meravigliare – dice Papa Francesco – se “Gesù Cristo ci mette in crisi. Anzi, preoccupiamoci se non ci mette in crisi, perché forse abbiamo annacquato il suo messaggio”.
Dall’ospedale, dove è ricoverato da una settimana per una operazione al colon, Papa Francesco recita la preghiera dell’Angelus, ricordando l’importanza di un “sistema sanitario accessibile a tutti”, e ringraziando medici e operatori sanitari di tutti gli ospedali.
È il ricordo dei 70 anni di sacerdozio di Benedetto XVI a dominare i saluti di Papa Francesco dopo l’Angelus. “Oggi – ha sottolinea Papa Francesco - per noi ricorre un anniversario che tocca il cuore di tutti noi: 70 anni fa Papa Benedetto veniva ordinato sacerdote. A te Benedetto, caro padre e fratello, va il nostro affetto, la nostra gratitudine e la nostra vicinanza”.
Gesù può “operare meraviglie in noi”, ma solo quando “vinciamo la tentazione di rinchiuderci in noi stessi, quando superiamo la falsa religiosità che non vuole scomodare Dio, quando gridiamo a Lui”. È un invito alla preghiera, quello che Papa Francesco rivolge ai fedeli nell’Angelus in cui commenta il Vangelo della XII domenica del Tempo ordinario, che è il Vangelo della “tempesta sedata”.
Dio è amore, e per questo, “pur essendo uno ed unico, non è solitudine, ma comunione”, perché l’amore è “essenzialmente dono di sé”. Papa Francesco spiega il mistero della Santa Trinità prima della preghiera dell’Angelus, ripercorrendo la festività odierna.
Ai greci che chiedono di vederlo, Gesù risponde che è il momento che il figlio dell’uomo sia glorificato, perché il chicco di grano solo se muore produce molto frutto. Parole che “vanno oltre la domanda” fatta a Gesù, perché con queste parole rivela che lui stesso “è il seme nascosto pronto a morire per dare molto frutto”. Questa riflessione è l’occasione, per Papa Francesco, di ricordare come la croce sia il simbolo dei cristiani, ma non può che essere “un segno di amore” perché da quella morte è scaturito un bene di cui si è chiamati a dare testimonianza.
C’è un lebbroso che trasgredisce tutte le norme, e esce dall’isolamento per chiedere a Gesù di essere guarito. E c’è Gesù che trasgredisce tutte le norme e tocca il lebbroso, andando oltre le convenzioni e così guarendolo. Papa Francesco centra il suo commento prima della preghiera dell’Angelus su queste due trasgressioni presentate dal Vangelo del giorno. E invita tutti a pregare per poter vivere secondo queste due “trasgressioni” che in realtà altro non sono che frutto dell’amore.
Dio chiama tutti noi, a volte possiamo rifiutare la chiamata perché appare in contrasto con le nostre aspirazioni, ma l’unico modo di accoglierla è l’amore. Parlando del primo incontro dei primi discepoli con Gesù a Cafarnao, Papa Francesco sviluppa una riflessione sul senso della vocazione. Una vocazione che nasce sempre dall’incontro personale con Gesù.
Non solo l’anno dedicato a San Giuseppe, nel 150esimo dalla sua proclamazione a patrono della Chiesa. Per l'anno prossimo, il Papa annuncia un anno speciale di riflessione dedicato all'Amoris Laetitia, promulgata il 19 marzo di cinque anni fa.
È la prima domenica di Avvento, e comincia il tempo dell’attesa del Signore. E questa “attesa fiduciosa” è il principale antidoto contro il pessimismo che sembra attanagliarci, ancora di più durante questo tempo di pandemia.
Il ritratto di Dio che ci viene dal Vangelo del giorno è quello di un Dio generoso, che ci chiama e ci ricompensa, senza guardare al tempo o ai risultati che mettiamo in campo per lui, ma alla generosità e alla disponibilità con la quale lo serviamo. Papa Francesco tratteggia questo “Dio generoso” in un breve commento, affacciato alla finestra dello studio del Palazzo Apostolico come ogni domenica.
Sì, vanno bene le opere di carità, anzi sono indispensabili. Ma è “necessario che le opere di solidarietà non distolgano dal contatto con il Signore Gesù”. E questo perché “la carità cristiana non è semplice filantropia, ma, da una parte, è guardare l’altro con gli occhi stessi di Gesù, e, dall’altra, è vedere Gesù nel volto del povero”.
La parabola del seminatore è “la madre di tutte le parabole”, perché “parla dell’ascolto della Parola”. E “ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno escluso”. Così Papa Francesco commenta il Vangelo del giorno, affacciato dalla finestra dello studio del Palazzo Apostolico.
La drammatica situazione in Libia è stata al centro di un accorato appello di Papa Francesco dopo la preghiera dell’Angelus. Il Papa ha chiesto la cessazione delle violenze nel Paese e ha pregato per la situazione di migranti e sfollati. Il commento al Vangelo del giorno si è invece concentrato su due caratteristiche dell’Eucarestia: il suo effetto mistico e spirituale e il suo effetto comunitario.
“Senza Cristo, o al di fuori di Cristo, non solo non è presente la vita, ma si ricade nella morte”. Angelus della domenica ancora nel Palazzo Apostolico, per Papa Francesco, per evitare assembramenti nella piazza. Dopo l’Angelus, Papa Francesco si unisce anche all’appello per il “cessate il fuoco globale” lanciato delle Nazioni Unite ricordando la pandemia del coronavirus, e auspica che la pandemia del coronavirus faccia anche portare a tutti a riscoprire i legami come “membri dell’unica famiglia umana”.