Tre impegni per la comunicazione cattolica: essere antenne di spiritualità, educare i giovani alla scuola del Vangelo, essere narratori che non cadono nel pettegolezzo.
Non c’erano le notizie urlate, le grandi contrapposizioni montate sui media. C’era il gusto della notizia, c’erano anche le fughe di documenti, ma c’era anche un senso del mestiere diverso. Cosa abbia cambiato tutto, è da capire. Forse è stata l’eccessiva spettacolarizzazione delle notizie. Forse il fatto che i giornalisti hanno preso un’altra strada, perché il mondo va più veloce e non vuole fermarsi a pensare. Oppure, più banalmente, la combinazione delle due cose. Sta di fatto che un “Vaticano sottovoce” come quello che raccontava Benny Lai sembra ormai una utopia lontana.