Tutti gli anni, il quarto sabato del mese di Novembre, quest’anno sabato 23 novembre, in Ucraina e nel mondo si commemora l'Holodomor, il genocidio degli ucraini perpetrato a danno dell’intera popolazione negli anni 1932-1933.
Libertà religiosa: come difenderla? Il tema è stato rilanciato con forza dell’Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite, in uno dei cosiddetti “side events” che rappresentano un po’ il cuore della missione di sensibilizzazione della Santa Sede nel concerto internazionale. Così, lo scorso 28 aprile, al Palazzo di Vetro sono stati messi insieme sopravvissuti, avvocati internazionali, esperti, per parlare di “Difendere la Libertà Religiosa e altri diritti umani: Fermare le atrocità di Massa contro i cristiani e altri credenti”.
“In molte società dire semplicemente: io sono cristiano è un pericolo per la vita. Secondo stime affidabili, sono circa 200 milioni i cristiani che in 60 Paesi del mondo subiscono limitazioni all’esercizio della propria fede.Il Papa - e di questo non si dice nulla - ha invitato tutti i cristiani ad alzare la propria voce per chiedere la fine del genocidio”. E’ quanto denuncia il Vescovo di Carpi, Monsignor Francesco Cavina, che dal primo al 4 aprile prossimi si recherà in visita ad Erbil, nel Kurdistan iracheno.
Mentre il Parlamento Europeo, seppur tra mille distinguo, andava a votare una risoluzione comune che finalmente possa riconoscere l’eccidio di cristiani e minoranze religiose ad opera dell’ISIS come genocidio, la Santa Sede prendeva la parola alla conferenza “Sostenere la Siria e la regione” e certificava, cifre alla mano, la ponderosità del suo impegno per la pace nella regione.
“Il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Flaviano Michele Melki (al secolo: Giacomo), della Fraternità di Sant’Efrem, Vescovo di Djézireh dei Siri; nato nel 1858 a Kalaat Mara (attuale Turchia) e ucciso in odio alla fede a Djézireh (attuale Turchia) il 29 agosto 1915".
"Eravamo certi che il Papa avrebbe ricordato il genocidio e il suo coraggio ha cambiato l’atteggiamento del mondo intero". Così monsignor Raphael Minassian, ordinario per gli Armeni cattolici dell’Europa Orientale, racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la reazione della sua comunità alle affermazioni di Papa Francesco nell’anniversario del massacro armeno.
15 gennaio 1919, padre François-Marie Dominique Berré, superiore della missione domenicana a Mosul in Iraq, prende carta e penna e manda un resoconto a “monsieur le ministre”, probabilmente in Europa. E dall’Europa chiedevano informazioni sui fatti di Mardin, una cittadina armena dove vivevano poco più di diciassettemila cristiani su una popolazione di 42 mila persone. E’ solo una delle tante storie del martirio armeno che tra il 1915 e il 1919 ha devastato una intera popolazione. In un articolo su Avvenire il Prefetto di Propaganda Fide il cardinale Ferdinando Filoni, rilegge le pagine più significative del resoconto di Padre Berré conservate nel Fondo della Nunziatura apostolica in Iraq ora nell’ archivio segreto vaticano.
Una messa solenne, in San Pietro, per ricordare “l’immane tragedia” del popolo armeno. Una celebrazione attesa e avvertita come un segno di riconoscimento e di incoraggiamento, da parte del Papa e dell’intera comunità cattolica. La parola chiave genocidio è stata pronunciata dal Papa che ha citato la dichiarazione congiunta tra Giovanni Paolo II e Karekin II del 2001.
“Di fronte agli eventi tragici della storia umana rimaniamo a volte come schiacciati, e ci domandiamo “perché?”” É questa la domanda chiave che riecheggia nella basilica vaticana nel giorno in cui si ricorda un “martirio” e si celebra un nuovo Dottore della Chiesa, San Gregorio di Narek. La dolcezza struggente dei canti eseguiti dal coro armeno in contrasto con le parole di dolore del Papa che, all’inizio della celebrazione, ha legato lo sterminio armeno a quella che lui chiama “una terza guerra mondiale a pezzi”. Il Papa ricorda il martirio di oggi “il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva”. Poi, con un salto indietro nella storia il Papa torna al secolo scorso alle “tre grandi tragedie inaudite” e la prima, dice il Papa citando Giovanni Paolo II, è quella che “generalmente viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001)”.