“La felicità non è la via, ma la meta di ogni percorso umano”. Il giovane Karol Wojtyła,
Bambini che pascolano le pecore in terre desolate e capita loro di incontrare una Bella Signora; soldati di ventura e cavalieri vaganti da una guerra all'altra che abbandonano vanghe e fucili, per mettersi a curare feriti e moribondi. Ragazze malate, eremite, missionarie, un seminarista che piuttosto che togliersi la vita preferisce affrontare la morte, una bambina ridotta in schiavitù che riceve la libertà dopo anni di sofferenze e di soprusi, per decidere poi di farsi suora…. Sono alcuni dei protagonisti di vite diventate straordinarie, segno concreto della presenza di Dio all’interno della storia e di cui leggiamo in “60 colori della Grazia”, edito da Ares, un libro che propone un viaggio tra le biografie (note e meno note) di donne e uomini che hanno seguito Dio, senza condizioni, con la loro umanità spesso ferita, ma capaci di offrirsi senza limiti.
All’uomo che alza spesso lo sguardo verso il cielo nasce nel cuore una vertigine, un senso di spaesamento
"Mamma, mamma, ci sono gli angioletti!" Quante volte ripete Davide questo grido, un avviso, in un certo senso, che esprime gioia, felicità, serenità.
Il grigio piombo della quotidianità diventa polvere di stelle… E’ possibile? Non è un vero miracolo? Se è così, lo ha compiuto Teresa di Lisieux e lo ricorda padre Fausto Lincio, provinciale della provincia lombarda dell’ordine dei carmelitani scalzi, nella prefazione ad un bel volume che raccoglie un testo teatrale ispirato alle parole della santa, in particolare nel testo straordinario che ci ha lasciato, “Storia di un’anima”. Uno dei testi di spiritualità più famosi, più diffusi e amati.
Thomas More, Tommaso Moro, il grande statista, il migliore e più fidato consigliere del re d’Inghilterra, ora è richiuso in prigione, nella famigerata Torre di Londra, in attesa di giudizio, un giudizio che sarà terribile: sarà giustiziato, decapitato.
E’ una bella giornata di primavera del 1915, nella “piccola città armena” dell'Anatolia. Dalla veranda inondata di sole di una grande casa esce con passo leggero una bella e giovane ragazza, Aghavnì, esce di casa con il marito e i due figli piccoli, Vogliono fare una passeggiata, andare a trovare una delle tante zie che fanno parte delle loro grandi famiglie.
"In genere, i santi veri, non sono consapevoli di essere santi durante il loro pellegrinaggio su questa terra. Anzi, fino all’ultimo momento della loro esistenza si sentono sempre peccatori, i più peccatori dei peccatori più indegni, seppur oggetti dell’amore misericordioso di Dio.
Una piccola cittadina adagiata, anzi rincantucciata nell’altopiano della Sierra de Aire, in Portogallo. Niente che evochi ricchezze o grandezze del passato se non, forse, l’eco leggendaria del nome: Fatima, dal nome della figlia del governatore arabo di Alcacer, della quale si era innamorato un cavaliere delle truppe di don Alfonso Henriques, discendente di una nobile famiglia della città di Ourem.
Le donne lo hanno curato, quel povero corpo martoriato. Gli occhi chiusi e tumefatti, le tempie trapassate dalle ferite provocate dalla corona di spine, il fianco aperto da un colpo di lancia…Quante sono le ferite?
E’ il 27 marzo 2019. Nella chiesa di santa Maria della Pietà in Camposanto dei Teutonici, nel cuore del Vaticano, un luogo di grande bellezza e suggestione, si sta celebrando la messa per il terzo anniversario della morte di Madre Angelica, fondatrice del gruppo Ewtn.
Grazie ad un decreto firmato qualche giorno fa da Papa Francesco, decreto che riconosce il miracolo avvenuto attraverso la sua intercessione, sarà proclamato beato Albino Luciani, eletto Pontefice con il nome di Giovanni Paolo I nella Cappella Sistina il 26 agosto 1978 e morto la notte tra il 28 settembre e il 29 settembre. Il suo pontificato è stato il più breve della storia moderna, ma diventato universalmente noto come quello del Papa del sorriso, dell’umiltà. La data sarà stabilita da Francesco.
Lo sguardo viene catturato e tenuto avvinto alla sottile forma di una betulla, mentre la sera scende a ricoprire della propria pesante coltre ogni cosa e la luce si ritira in un luogo misterioso:
Ogni mattina, Giusi prende un caffè, guarda con curiosità e partecipazione allo spettacolo che la vita le offre dall’angolo della sua finestra. Sorseggia il caffè, guarda, osserva, contempla, mentre aspetta di cominciare il suo dialogo quotidiano con l’ospite più atteso e insieme inatteso: Dio. Sì, Dio è presente all’inizio della sua giornata e a Lui Giusi si rivolge per far parte delle sue scoperte, delle sue esperienze, delle sue piccole e grandi gioie.
Pregare: si può imparare a farlo? Pregare non è forse uno degli atti più semplici, istintivi, umani, che, in un certo senso, dovremmo avere ascritto persino nel nostro Dna?
Un momento di buio fitto, quando sembra che non ci sia più scampo, che nulla abbia più senso, che la propria vita non possa sfociare che nella disperazione: in quel momento, se si fa silenzio, se si riesce a mettersi in ascolto, Dio può bussare alla porta.
Le due donne si guardano, con un’intensità che supera i confini dello spazio e del tempo. Si guardano e si comprendono:
“Se Cristo non è risorto”, afferma Paolo nella prima lettera ai Corinzi, “allora vana è la nostra predicazione e vana la nostra fede”.
Una folla vociante sciama dentro la Città Santa, tra i vicoli stretti e i banchi dei mercanti, donne e bambini che piangono e si disperano, i soldati romani che spingono con violenza il prigioniero, l’Uomo dei dolori, mentre trasporta la croce dove sarà inchiodato di lì a poco:
Dolindo significa dolore. Un nome difficile, stravagante, che ha segnato la vita di quel bambino nato a Napoli il 6 ottobre 1882. “Fui chiamato Dolindo, che significa dolore…” , scrive molti anni più tardi quel bambino diventato adulto, raccontando come quel nome gli era stato imposto dal padre al battesimo ed è diventato una sorta di programma di vita, che inconsapevolmente il genitore aveva predestinato al quinto dei suoi 11 figli.