Un incontro di 25 minuti, intervellato da un interprete, molto “cordiale” secondo le tradizioni diplomatiche. Papa Francesco incontra Miro Cerar, presidente del Governo della Repubblica di Slovenia dal dicembre 2014. Il quale poi, come di consueto, si è anche intrattenuto con il Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato, in un incontro che ha incluso l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Il giorno dopo l’annuncio di una prima bozza del programma del viaggio di Papa Francesco a Cuba, il Cardinal Dominique Mamberti, che è stato per sei anni ai piani alti della diplomazia della Santa Sede, ha spiegato all’ACI Group che “di certo l’impegno personale del Santo Padre” per la soluzione alla situazione cubana “è stato molto importante, e tutti dobbiamo essergli grati per questo.” Ma ha anche ricordato che i frutti vengono da un lavoro che da sempre la Santa Sede ha svolto sull’isola caraibica, nonostante una situazione difficile in cui nemmeno la libertà religiosa era garantita.
L’accenno di Papa Francesco nell’Urbi et Orbi di Pasqua agli accordi di Losanna sul nucleare iraniano ha testimoniato l’attenzione della Santa Sede sul tema del disarmo nucleare. Da tempo, la Santa Sede è impegnata sul tema del disarmo nucleare, e proprio ieri l’Osservatore Permanente delle Nazioni Unite a New York ha promosso con il Global Security Institute un incontro su “Armi nucleari e bussola morale”. La posizione vaticana è estremamente equilibrata: da una parte, si devono mettere in luce i grandi benefici che si possono avere dalla tecnologia nucleare. Dall’altra, si sottolinea l’assoluta necessità di un disarmo nucleare. Che avvenga subito, e nel modo più completo possibile.
Boko Haram, il grido della Santa Sede. Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, si lamenta di fronte al Consiglio ONU per i Diritti Umani che “stiamo assistendo al continuo sviluppo e alla disseminazione di un tipo di estremismo radicale e spietato, ispirato da una ideologia che tenta di giustificare i suoi crimini in nome della religione.” Denuncia il fatto che “questi gruppi estremisti stanno crescendo come un cancro, diffondendosi in altre parti del mondo e persino attraendo militanti stranieri.” E sottolinea che è arrivato il tempo che “la comunità internazionale si adoperi per porre fine alla violenza che ha causato numerose vittime civili.”
Perché istituzioni come la Banca Mondiale o le Nazioni Unite guardano alle religioni per meglio portare avanti gli obiettivi di sviluppo sostenibile? Se lo chiede l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York. E risponde: “Oserei supporre che si tratta di un riconoscimento del contributo delle religioni e delle loro organizzazioni alla vita degli individui e della società, in particolare un riconoscimento dell’aiuto che forniscono a quanti tentatno di emanciparsi da varie forme di estrema povertà.”
Rispettare la legalità internazionale. Proseguire sulla strada comune tracciata dagli sforzi della comunità internazionale. Affrontare l’emergenza sociale. Con un breve intervento, la Santa Sede prende posizione sulla crisi ucraina. È l’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente presso l’ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra, a dare voce alle preoccupazioni vaticane durante la 28esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, dedicata proprio alla crisi ucraina.
Il ruolo della donna si gioca in famiglia. Perché è solo a partire della famiglia che si può lavorare per sradicare la povertà. In un breve discorso di fronte alla 59esima Sessione della Commissione ONU sulla condizione delle donne, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanetne della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, sottolinea che numerose relazioni della Segreteria Generale hanno sottolineato la centralità della famiglia per lo sradicamento della povertà e lo sviluppo sostenibile.” E poi annuncia la disponibilità di Papa Francesco a “a lavorare con tutti coloro che cercano ogni giorno di costruire un mondo che tratti concretamente le donne come uguali, nella diversità dei doni e delle forze, per il bene comune più grande di tutti”.
C’erano soprattutto i bambini, alla Messa che concludeva la visita in Bielorussia del Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin. Ai cristiani bielorussi, vittime di persecuzioni, di spaccature, di situazioni difficili, il Segretario di Stato ha dato la consegna della preghiera e della continua ricerca di Dio. Tre giorni – dal 12 al 15 marzo – per benedire la prima pietra della nuova nunziatura, e anche per menzionare i conflitti nella vicina Ucraina.
Per “aspirare alla pace non basta, come non è sufficiente l’intenzione di operare per la pace: occorrono comportamenti concreti e coerenti, azioni mirate e, soprattutto, la piena coscienza che ognuno nel suo piccolo o grande mondo quotidiano è “costruttore di pace”, pur nei diversi compiti, incarichi e funzioni”. Secondo il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, nello scenario mondiale è fondamentale il compito della diplomazia vaticana, che “ha una chiara funzione ecclesiale: se è certamente lo strumento di comunione che unisce il Romano Pontefice ai Vescovi a capo delle Chiese locali o che consente di garantire la vita delle Chiese locali rispetto alle Autorità civili, oserei dire che è anche il veicolo del Successore di Pietro per “raggiungere le periferie”, sia quelle della realtà ecclesiale che quelle della famiglia umana”.