Questa mattina si è svolta una conversazione telefonica tra Monsignor Paul R. Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, Hossein Amir-Abdollahian, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, richiesta da quest’ultimo”
È l'invito a rifiutare di “guardare all’altro come meramente un nemico da distruggere” quello che Papa Francesco invia, tramite il suo segretario di Stato, alla Quarta Conferenza di Revisione della Concenzione sulle Mine anti-uomo. E si tratta di un messaggio che entra sempre nel tema della deterrenza, una logica che per Papa Francesco va evitata sempre, sia che si parli di nucleare, sia che si parli di qualunque altro tipo di armi.
Il viaggio di Papa Francesco in Thailandia celebra anche i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Paese, mentre sono 77 anni che Giappone e Santa Sede hanno legami bilaterali. Il viaggio si inserisce in un quadro diplomatico ben definito, con temi importanti.
La politica concordataria della Santa Sede si basa su sette principi fondamentali. A ripercorrerli
I vaticanisti lo sanno. Ogni volta che il Papa riceve un capo di stato in Vaticano o quando si reca in visita in un paese c’è uno scambio di doni. Oggetti d’arte o oggetti con un significato preciso.
Prosegue la visita del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, a Mosca. Questa mattina l'incontro con il ministro degli Esteri russo Lavrov. Al centro del faccia a faccia numerosi temi, su tutti la crisi ucraina.
Crisi Venezuelana, la Santa Sede esprime "profonda preoccupazione" per la "radicalizzazione e l'aggravamento della crisi" e chiede di "scongiurare ogni forma di violenza", si legge in un comunicato diffuso oggi dalla Sala Stampa vaticana.
Da Ginevra a Vienna, la Santa Sede fa sentire la sua voce sul tema delle armi, dei trattati internazionali del commercio che impediscono l’accessibilità dei farmaci, ma soprattutto tiene il discorso di apertura alla conferenza dell’OSCE sulla lotta all’intolleranza nei confronti dei cristiani. Un incontro di alto livello, quest’ultimo, che si è tenuto a Vienna, nella sede OSCE, il 14 dicembre. Il discorso è stato pronunciato da monsignor Antoine Camilleri, vice ministro degli Esteri vaticano, e rappresenta un punto fermo del modo in cui la Santa Sede vuole sia trattata la libertà religiosa. Una posizione portata avanti non solo per interesse personale – dice monsignor Camilleri – ma anche per tutte le altre minoranze, partendo dal presupposto che la libertà religiosa è la cartina di tornasole da cui si comprende come gli altri diritti fondamentali vengano rispettati.
Un impegno internazionale per affrontare le radici ultime delle migrazioni. Perché è vero che si devono costruire ponti e non muri, ma è altrettanto vero che la straordinaria ondata migratoria che si sperimenta oggi nel mondo deve essere affrontata a partire dalle cause che sono alla radice. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, inaugura la sua settimana alle Nazioni Unite delineando la posizione della Santa Sede sul tema migrazioni.
Non c’è solo l’appello a un rinnovato ruolo delle religioni nella pace, diventato uno dei temi centrali della diplomazia della Santa Sede – un intervento simile era stato fatto a Ginevra, nemmeno sette giorni fa. L’Osservatore Permanente della Santa Sede a New York, l’arcivescovo Bernardito Auza, ha ribadito anche l’appello di Papa Francesco nel fermare la proliferazione delle armi e ha puntato il dito sulle armi sempre più sofisticate che vittimizzano le popolazioni.
Un processo di pace portato avanti dalle due parti in causa, con il supporto (ma non l’ingerenza) della comunità internazionale. E un maggiore spazio dato alla cosiddetta “track two diplomacy”, ovvero la diplomazia a partire dalle relazioni delle piccole comunità, e in particolare delle piccole comunità religiose. Così l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, tratteggia la “road map” della pace nel conflitto israelo-palestinese.
Mettere l’essere umano al primo posto: è su questo principio, cuore della diplomazia della Santa Sede, che la delegazione vaticana al World Humanitarian Summit ha basato tutti gli interventi nelle tre tavole rotonde cui ha preso parte durante questa tre giorni di Istanbul. Tre tavole rotonde, con temi importanti: porre fine ai conflitti attraverso la prevenzione; osservare e rispettare le norme internazionali; e l’educazione alla cultura della pace.
“Il mondo di Francesco. Bergoglio e la politica internazionale” è il titolo del libro che Pasquale Ferrara, diplomatico di carriera e professore di Relazioni internazionali in università come la LUISS e “Sophia”, ha scritto per raccontare un aspetto del pontificato che sembra riservato agli addetti ai lavori. Ne esce una panoramica che dai fatti arriva ad una visione. Ne abbiamo parlato con l’ Autore.
Quattro impegni della Santa Sede per la pace nel mondo: li delinea il Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, all’apertura della Conferenza Umanitaria Mondiale che si tiene a Istanbul in questi giorni. Una Conferenza su cui lo stesso Papa Francesco ha puntato i riflettori, parlandone sin dal discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.
Visita privata di Papa Francesco giovedì 12 maggio sera alla Pontificia accademia ecclesiastica, la “scuola per diplomatici” della Santa Sede. Quest’anno sono 33 i sacerdoti di 14 Paesi diversi a studiare nell’ Accademia e il Papa ha deciso di incontrarli familiarmente.
La diplomazia della Santa Sede, la diplomazia del Papa è basata sulla Misericordia, e Papa Francesco suggerisce un approccio alla politica e alla diplomazia pratica ,a amche misericordiosa.
Da quando l’arcivescovo Bernardito Auza era stato nominato osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite di New York, era rimasto senza incarico. Ma ora, quasi due anni dopo, l’arcivescovo Francis Assisi Chullikat ha un nuovo incarico: quello di nunzio apostolico in Kazakhstan e Tadjikistan.
Da Vienna a New York, l’impegno della Santa Sede è sempre lo stesso: difendere il bene comune. Che si tratti di lottare contro la diffusione degli stupefacenti oppure di chiedere lo sviluppo integrale per le donne, andando oltre i tanto famigerati diritti sessuali e riproduttivi, un eufemismo dietro il quale il vocabolario delle Nazioni Unite nasconde la spinta per la liberalizzazione dell’aborto. Sono le posizioni che si sono delineate in due discorsi, il 16 e il 19 marzo, nelle rappresentanze internazionali della Santa Sede alle Nazioni Unite.
È con una maggioranza risicatissima di un voto che il progetto di risoluzione sulla maternità surrogata non passa al vaglio della Commissione Salute dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Per 16 voti contro 15, non passa la risoluzione proposta da Petra De Sutter, ginecologa, transgender che dirige a Gand un Dipartimento di Medicina riproduttiva a Gand dove la maternità surrogata viene già praticata. Il tema però, c’è da scommetterci, tornerà. Ed è un tema dirimente, osservato con attenzione anche dalla diplomazia della Santa Sede.
Sì, l’adozione dell’Agenda dello Sviluppo Sostenibile è un passo avanti ambizioso. Ma la comunità internazionale dovrebbe fare di più per superare le ineguaglianze sociale e aiutare i più vulnerabili. La bacchettata della Santa Sede arriva attraverso l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede all’ONU.