Da nove mesi, non c’è un inviato speciale dell’Unione Europea per la libertà religiosa. Lo ha rimarcato padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, in una intervista con il periodico cattolico croato Glas Koncila.
Sua Beatitudine Sviatoslav Shvechuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha voluto terminare la sua visita a Roma con un incontro con alcuni membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, portando una testimonianza di quella che è la guerra in Ucraina e delineando alcune pre-condizioni perché si possa raggiungere la pace.
Nella mattinata del 12 novembre, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha avuto un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. L’incontro veniva al termine di una settimana a Roma dell’arcivescovo maggiore, che si è allontanato dall’Ucraina per la prima volta dallo scoppio della guerra. Shevchuk, nel corso della settimana, ha incontrato anche Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI.
In questi giorni, Papa Francesco è in Bahrein per un viaggio che ha lo scopo di creare ulteriori ponti di dialogo con il mondo islamico e con i Paesi del Golfo. Ma a colpire, tra le notizie diplomatiche, è quella di una telefonata tra il ministro degli Esteri di Oman e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, al termine della quale si parla apertamente della possibilità di aprire relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Muscat.
Mentre c’è una statua della Madonna di Fatima nel Caucaso che ha toccato anche l’Azerbaijan, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, celebra una Messa per l’Armenia. L’occasione, significativa, sono i 30 anni di relazioni diplomatiche, ma in realtà è una Messa importante perché dimostra ancora una volta la vicinanza della Santa Sede all’Armenia, specialmente riguardo la questione del Nagorno Karabakh. Dopo una pace dolorosa, una risoluzione europea che chiede di proteggere i luoghi cristiani nella regione e una dell’UNESCO che chiede di preservarli, l’Armenia si trova ancora una volta sotto attacco.
Sarà una settimana densa, per Papa Francesco, che vedrà la visita del presidente cipriota Nicos Anastasiades e del presidente francese Emmanuel Macron. Sullo sfondo, la crisi europea, di cui la guerra in Ucraina è solo la parte più visibile: dalle rivendicazioni irredentiste turche alla disputa Grecia – Israele sui confini marittimi, dalle diverse posizioni sul sostegno all’Ucraina alla situazione dei Balcani, tutto, in Europa, sembra avere bisogno di una nuova definizione.
Un secondo incontro tra Papa Francesco e Kirill potrebbe avvenire in Montenegro? Lo auspica il Primo Ministro montenegrino Abazović, che ha invitato il Papa nel Paese durante l’udienza del 10 ottobre e ha prospettato la possibilità che la sua piccolo nazione possa essere luogo di incontro internazionale. Ne ha parlato con ACI Stampa.
È stata una settimana dalla forte attività multilaterale per la Santa Sede, impegnata sia nelle sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York che a Varsavia, all’incontro sulla Dimensione Umana.
Non solo l’Ucraina, o gli scontati Palestina e Libano. La Santa Sede guarda con attenzione agli scenari in tutto il mondo, dalle persecuzioni della Chiesa in Nicaragua passando per la situazione in Yemen e Libia, senza mancare di denunciare la promozione di nuovi diritti.
Contatto tra il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e Sergej Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa, a margine dell’assemblea generale delle Nazioni Unite. Un incontro che ha avuto luogo, è parso di capire, su richiesta della Santa Sede, considerando anche gli sforzi di Papa Francesco per una mediazione con la Russia e la speranza del Papa di organizzare un viaggio a Mosca.
Papa Francesco avrebbe cercato di entrare in contatto con il presidente cinese Xi Jinping per un incontro durante la sua presenza in Kazakhstan. L’indiscrezione è rimbalzata sui media e risponde ai rumors riguardo un possibile incontro tra i due. Prosegue, intanto, il negoziato per il rinnovo dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi.
È un discorso che prende le mosse intorno alla dombra, il particolare strumento a corde kazako, quello con cui Papa Francesco comincia i suoi tre giorni di viaggio in Kazakhstan. Un discorso che chiede alla diplomazia di aprirsi al dialogo e all’incontro, secondo quella cultura dell’incontro che Papa Francesco ha sempre voluto caratterizzasse il suo pontificato.
C’è uno spazio, nel programma del viaggio di Papa Francesco in Kazakhstan, che dice che è destinato agli incontri personali con i leader religiosi. Si tratterà di tanti piccoli bilaterali, che coinvolgeranno, con tutte probabilità, il grande imam di al Azahr Ahmed al Tayyb, anche lui atteso a Nur Sultan, così come il metropolita Antonij del Patriarcato di Mosca.
“Avete portato ai popoli e alle Chiese la vicinanza del Papa; siete stati punti di riferimento nei momenti di maggiore smarrimento e turbolenza”. Papa Francesco si rivolge così ai nunzi apostolici e gli osservatori della Santa Sede, ambasciatori del Papa tra i popoli e nelle organizzazioni internazionali, che si riuniscono a Roma per un appuntamento di formazione, informazione e conoscenza che ha cadenza triennale.
Come sempre, il Concistoro è anche occasione per le nazioni dei nuovi cardinali di inviare una delegazione di alto livello per assistere alla celebrazione. Non sempre ci sono incontri analoghi in Segreteria di Stato, e quasi mai il Papa riceve le delegazioni, con qualche eccezione, che in questo caso è stata rappresentata da due ex presidenti. Di certo, il livello della delegazione e la sua composizione dice molto anche del tono diplomatico che si vuole dare alle relazioni tra la Santa Sede e la nazione che riceverà la nuova berretta rossa.
Non ci sarà un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill in Kazakhstan, dove il Papa si recherà dal 13 al 15 settembre per partecipare all’Incontro Mondiale dei Leader Religiosi di Nur-Sultan. Il viaggio del Patriarca di Mosca è stato infatti cancellato, di fatto chiudendo i ponti alla possibilità di incontro. Ma non si tratta di un no. Si tratta piuttosto di un segnale: Mosca non vuole un incontro con il Papa a margine di un evento, vuole un incontro personale e definito.
Il 15 agosto, la Santa Sede ha firmato l’accordo con la Repubblica Democratica di Sao Tomé e Principe. L’accordo è il numero 215 della Santa Sede con uno Stato, e rientra nell’ampia casisti di accordi o condordati che la Santa Sede sigla con le nazioni con cui ha rapporti bilaterali per definire meglio il ruolo e le competenze della Chiesa nello Stato.
L’invasione russa dell’Ossezia del Sud / Regione di Tsinkhavali (è così che la regione viene internazionalmente riconosciuta) ebbe luogo nel 2008. È un conflitto congelato ed una guerra dimenticata dai media. Eppure, è un conflitto che è importante anche per capire ciò che succede oggi, con l’aggressione russa all’Ucraina. L’ambasciatore di Georgia presso la Santa Sede, Khetevane Bagrationi, sottolinea in un colloquio con ACI Stampa l’importanza di quel conflitto 14 anni dopo, che testimonia quanto sia necessario per la comunità internazionale di prendere iniziative quando aggressioni del genere hanno luogo.
Sospeso tra il desiderio di andare a Mosca, quello di andare in Ucraina e quello di incontrare una seconda volta il Patriarca di Mosca Kirill, Papa Francesco ha incontrato il 5 agosto il metropolita AntonIj di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche del Patriarcato di Mosca. Pochissimo trapela dell’incontro, se non i comunicati ufficiali da parte di Mosca. Quello che si comprende è che però l’incontro ha più peso diplomatico che religioso, anche considerando la volontà di Papa Francesco di andare in Ucraina.
La questione delle scuole residenziali resta una ferita aperta, nonostante le scuse di Papa Francesco, che con il viaggio ha risposto ad una delle raccomandazioni della Commissione Verità e Giustizia. Non erano pienamente soddisfatti né il Primo Ministro Justin Trudeau, né membri del suo governo, che pure hanno considerato che la visita del Papa ha avuto un grande impatto.