“Non minimizzare il ruolo delle religioni”. Nell’ambito di un dibattito alla 31esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, monsignor Richard Gyhra, dell’ufficio dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, ribadisce l’importanza della libertà religiosa, e della sua necessaria inter connessione con il diritto di espressione. E denuncia: il fatto che ci siano sempre più abusi della libertà religione “ sembra indicare una mancanza di volontà politica da parte delle istituzioni e delle comunità internazionali di affrontare la questione”.
Si dipana in tre fasi la ricetta della Santa Sede per la risolvere la questione del debito estero. “Promuovere un modello responsabile di ricevere e dare prestiti; prevenire sia l’evasione fiscale sia il flusso verso l’esterno di fondi illeciti dalle nazioni debitrice; e creare un chiaro e trasparente processo di risoluzione del debito estero”. Sono i tre punti sviluppati da Monsignor Richard Gyhra, Chargé d’Affairs alla Missione Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra.
Rapporti “protocollari e ufficiali”, senza confidenza, e una agenda basata su quattro punti fondamentali: lotta alla povertà e lotta al narcotraffico, aiuti umanitaria per i profughi cristiani con una speciale attenzione per la Siria, cura dell’ambiente. Questo è il piano di Mauricio Macrì, da poco eletto presidente dell’Argentina, per l’incontro il 28 febbraio con il suo connazionale più famoso, Papa Francesco.
Come costruire la pace? Con l’educazione. Ma anche con l’assistenza sanitaria. E la Santa Sede, in questo, può mettere in campo un vero esercito. Monsignor Simon Kassas, chargé d’affairs alla Missione Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, dà le cifre dell’imegno della Santa Sede a un dibattito aperto sul “Post-Conflict Peacebuildng”, ovvero sul costruire la pace dopo i conflitti, che si è tenuto al Palazzo di Vetro lo scorso 23 febbraio.
È un no chiaro e netto, quello della Santa Sede, alle politiche di liberalizzazione dell’aborto per contrastare il virus Zika in nome di un supposto collegamento con casi di microcefalia del feto. Non ci sono mezzi termini nel discorso che l’arcivescovo Bernardito Auza ha tenuto lo scorso 16 febbraio, in una discussione interattiva che è seguita al briefing sul Virus Zika convocata dal Presidente del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.
È con un telegramma firmato dal Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che la Santa Sede esprime il suo cordoglio per la morte di Boutros Boutros-Ghali, copto, dal 1992 al 1996 Segretario generale delle Nazioni Unite.
Si tratta di una visita breve, dal 2 al 4 febbraio. Ma il fatto che il Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, vada in Slovenia in questi giorni ad inaugurare la buona nunziatura e a rafforzare i buoni rapporti può anche essere da preludio ad una nuova visita di Papa Francesco in territori balcanici. Magari proprio in quel Kosovo che è stato un cuscinetto per l’arrivo dei rifugiati dalla Siria che premevano al confine con la Macedonia
È una diplomazia con un occhio particolare al fenomeno migratorio, quella che Papa Francesco dipana davanti agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede nel primo discorso ufficiale dell’anno. Un discorso che individua la misericordia come “filo conduttore” dell’attività diplomatica della Santa Sede, che sottolinea l’importanza simbolica dell’apertura della Porta Santa a Bangui, e che chiede di superare l’indifferenza, ma stigmatizza anche i recenti esperimenti sul nucleare in Corea del Nord. Di certo, il tema delle migrazioni è centrale nel ragionamento di Papa Francesco.
Sfide e numeri delle Migrazioni sono stati delineati dalla Santa Sede in un intervento all’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni lo scorso 26 novembre a Ginevra. Una mappa che tiene conto anche della rinnovata minaccia del terrorismo, che richiede una nuova risposta, perché non resti una risposta disordinata e disorganizzata.
Santa Sede e Comitati ONU, atto terzo. Dopo i due rapporti presentati al Comitato ONU per la Convenzione dei Diritti del Fanciullo e al Comitato ONU per la Convenzione contro la Tortura, la Santa Sede presenta il 24 e 25 novembre il suo rapporto periodico sulla Convenzione per l’Eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CERD). Si tratta di un rapporto periodico, e il comitato esprime niente più che suggerimenti, senza alcuna necessità di dar loro seguito. Eppure, attraverso la grancassa mediatica data a questi rapporti, la Santa Sede viene colpita nel cuore della sua istituzione.
È una richiesta, forte, a fermare lo sfruttamento dei pescatori, una tratta degli esseri umani di cui nessuno rende conto, quella che viene dal Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, nel consueto messaggio per la Giornata Mondiale della Pesca.
Si pensava di dimezzare la fame nel mondo entro il 2015, e gli obiettivi del millennio per i prossimi quindici anni addirittura parlano di far cessare le situazioni di fame nel mondo. Ma l’obiettivo è ancora lontano. Lo sottolinea, dati alla mano, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’arcivescovo Bernardito Auza, in un intervento del 3 novembre alla sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU su sviluppo agricolo, sicurezza alimentare e nutrizione.
È con un lungo discorso al Palazzo di Vetro che tocca tutti i punti, dalle migrazioni, ai conflitti, all’impegno per la pace, che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, celebra il 70esimo anniversario delle Nazioni Unite. Un discorso che mette in luce le luci, ma anche le ombre dell’organizzazione internazionale, certo che “riconoscere i limiti dell’organizzazione” non è lo stesso che “lamentarne il fallimento.” Parole diplomatiche, a segnalare che la Santa Sede crede ancora nelle Nazioni Unite. Ma anche che pensa – da sempre – ad una riforma dell’organizzazione, che la renda davvero rappresentativa di tutte le nazioni.
È l’immagine del piccolo Aylan Kurdi, rimasto senza vita su una spiaggia in Turchia, che fa da filo conduttore all’intervento dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Una immagine che gli serve per sollecitare la comunità internazionale. Sono stati troppi gli Aylan, prima. Ma ora si deve fare presto, perché anche un solo Aylan in più sarebbe troppo.
C’è chi dice che la diplomazia della Santa Sede è inutile, perché non produce santi, e solo lì dove ci sono semi di santità la Chiesa deve stare. C’è, però, la storia di un sacerdote, diplomatico della Santa Sede fino alla morte prematura a soli 38 anni, che smentisce questo adagio molto in voga tra quanti vorrebbero una Chiesa solo spirituale ma per niente impegnata nella formazione del mondo. È la storia di Giuseppe Canovai, sacerdote catapultato al rango di diplomatico della Santa Sede. Morì nel 1942. La pubblicazione dei suoi diari, editi da Cantagalli e curati da monsignor Florian Kolfhaus della Segreteria di Stato Vaticana, dimostrano come anche la diplomazia della Santa Sede possa essere una strada per la santità.
Quaranta anni dopo la dichiarazione di Helsinki che ha dato vita all’OSCE (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa), la Santa Sede sottolinea l’importanza di quella risoluzione, che – nelle parole di monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati – “non aveva solo il mero obiettivo di una pace astratta, ma piuttosto quello di una strategia di pace.”