Ci sono voluti 59 anni perché un presidente turco tornasse a visitare un Papa in Vaticano. Allora era stato il presidente Celal Bayar, oggi è Recep Tayip Erdogan. Allora, si cominciavano ad aprire le relazioni diplomatiche. Oggi, le relazioni diplomatiche servono ad un obiettivo concreto, e hanno una agenda precisa.
È passata quasi inosservata la visita del ministro degli Esteri coreano Kang Kyu-wha in Vaticano. Eppure, erano molti i temi importanti che si sono discussi nel bilaterale con la Santa Sede. In questa settimana, il Palazzo Apostolico vaticano ha ospitato anche Ivica Pacic, ministro degli Esteri serbo. Intanto, proseguono gli interventi della Missione ONU a New York, mentre si lavora agli accordi globali sulle migrazione, vero cuore della diplomazia pontificia quest’anno.
Ancora una volta, la Santa Sede chiede dialogo in Medio Oriente, e in particolare una soluzione negoziata del conflitto israelo palestinese che porti alla soluzione di due Stati. Ma non è il solo scenario difficile su cui è focalizzato lo sguardo della diplomazia pontificia: più volte, Papa Francesco ha in questi ultimi giorni rinnovato l’appello per una soluzione pacifica nella Repubblica Democratica del Congo.
Non si ferma la diplomazia pontificia. Mentre Papa Francesco è in viaggio all’estero, con al seguito il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto, la seconda sezione della Segreteria di Stato continua il suo lavoro. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano”, è stato in Lituania; e monsignor Antoine Camilleri, “vice ministro degli Esteri”, è stato invece in Vietnam per continuare un dialogo che – si spera in breve – dovrebbe portare allo stabilimento delle piene relazioni diplomatiche. Non è da sottovalutare nemmeno l’incontro che i vescovi dello Stato del Kachin, in Myanmar, hanno avuto con il generale Hlaing, con il quale hanno parlato dei problemi della regione.
Quale è la situazione dei cristiani perseguitati del mondo? Uno dei compiti della diplomazia pontificia è, appunto, quella di occuparsi dei cristiani sul territorio. E così diventano fondamentali i rapporti e i numeri, che aiutano a dare le dimensioni del rapporto sul campo. Questa settimana è stato pubblicato il rapporto di Open Doors. La sua classifica delle nazioni più a rischio è uno strumento di riflessione.
Pace, famiglia e migrazioni: Papa Francesco centra il suo discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede su questi tre pilastri, dopo una panoramica su alcune delle situazioni nel mondo che destano più preoccupazione.
Cosa ha fatto la Santa Sede nell'anno passato? Mentre gli occhi di tutti sono puntati sul discorso che Papa Francesco farà davanti al Corpo Diplomatico Accreditato presso la Santa Sede il prossimo 8 gennaio, è il momento di guardare in retrospettiva all’impegno multilaterale della Santa Sede.
Durante il tempo di Natale, la diplomazia pontificia impegnata nel multilaterale si ferma. Non ci sono sessioni, né discorsi ufficiali. Ma non si ferma la diplomazia bilaterale. I nunzi sono prima di tutto vescovi, le loro omelie della notte di Natale rappresentano anche messaggi. Così come si moltiplicano, da parte dei vescovi, i messaggi per la pace nel periodo natalizio. Tutto prepara alla Giornata Mondiale della Pace, dedicata quest’anno ai migranti, e ai temi del primo incontro ufficiale di Papa Francesco nell’anno che viene, quello con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Gerusalemme e Medio Oriente, Siria, Ucraina, Venezuela e Myanmar, ma anche i bambini costretti all'emigrazione forzata e quelli in famiglie senza lavoro: gli scenari della preghiera "Urbi et Orbi" di Papa Francesco nel giorno di Natale.
C’è stato anche un intervento della Santa Sede alla sessione speciale delle Nazioni Unite convocata per affrontare la questione di Gerusalemme. E, in quelli stessi giorni, in Myanmar, il Cardinale Charles Maung Bo portava assistenza ai Kachin, una delle tante minoranze perseguitate nella nazione, mettendo così in luce che non c’è solo il problema dei Rohingya, su cui invece i media volevano si focalizzasse il recente viaggio di Papa Francesco.
Gli ambasciatori Callista Gingrich e Mahmoud Ahmed Samir Samy hanno presentato oggi le loro credenziali a Papa Francesco, e cominciano così ufficialmente il loro mandato come rappresentanti dei loro Paesi presso la Santa Sede. Saranno così presenti all’incontro di Papa Francesco con il corpo diplomatico il prossimo 8 gennaio.
L’importanza del rapporto con le nazioni, ma anche di quello con i vescovi locali. Il peso dell’ecumenismo, ma anche quello del dialogo interreligioso: nella seconda parte del suo discorso alla Curia per gli auguri natalizi, Papa Francesco torna allo schema classico, spiegando l’importanza del lavoro della Curia.
L’intervento della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio rappresenta un po’ la summa dell’attività diplomatica della Santa Sede: la richiesta che nessuno sia escluso, che non ci siano favoritismi né tra persone né tra nazioni, insieme alla visione concreta sull’uomo, e soprattutto sull’uomo marginalizzato. Una visione che si ritrova in altri pezzi di attività della Santa Sede della settimana: nel rinnovato impegno delle Ong di ispirazione cattolica, in un incontro ecumenico del Dicastero per la Promozione Sviluppo Umano Integrale, in una attività dell’apostolato del mare sul tema dei marittimi.
Il ruolo fondamentale della diversità nel concerto delle nazioni. La necessità di creare dialogo, perché la diversità “non è di per sé una causa di queste sfide alla coesistenza pacifica”. L’importanza dell’educazione. Papa Francesco riceve sette nuovi ambasciatori non residenti presso la Santa Sede, e delinea con loro le sfide della comunità internazionale e le priorità della diplomazia pontificia.
Papa Francesco ha incontrato 10 di loro nell’Auletta Paolo VI, prima dell’udienza generale, e ha poi dedicato loro un saluto al termine della stessa: il Forum delle Ong di Ispirazione Cattolica compie 10 anni dalla prima Costituzione, e li celebra con un incontro a Roma, cui partecipa anche l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’arcivescovo Bernardito Auza.
Il dibattito su Gerusalemme avviene proprio nei giorni in cui l’arcivescovo Leopoldo Girelli, nuovo nunzio in Israele, presenta la sue lettere credenziali al governo e comincia i primi passi da “ambasciatore del Papa” nel Paese. Ci sono anche altri temi sul tavolo: le questioni del fine vita e delle migrazioni sono al centro di un incontro dei responsabili legali delle Conferenze Episcopali Europee a Lussemburgo, mentre al Palazzo di Vetro di New York sono proseguiti i colloqui per i due “Global Compact” – accordi globali – sulle migrazioni nel mondo.
Quali le frontiere della diplomazia pontificia in Asia dopo il viaggio di Papa Francesco in Myanmar e Bangladesh? Chiamata a dirimere situazioni complesse, la diplomazia del Papa ha agito da ponte, calibrando i discorsi del Papa alle autorità in modo da creare quella cultura dell’incontro che Papa Francesco predica sempre. Uno sguardo speciale, ovviamente, sulle migrazioni, cui Papa Francesco ha dedicato anche il tema della Giornata Mondiale della Pace. E alle migrazioni è stato dedicato un intervento e un evento della Santa Sede a Ginevra durante quest’ultima settimana.
Il modello del dialogo e l’armonia, che da sempre sono considerati tratti costitutivi del Bangladesh, è quello che fungerà da cartina di tornasole per il futuro della democrazia nel Paese. Papa Francesco arriva in Bangladesh, seconda tappa del suo viaggio nel Sud Est Asiatico, e nel discorso con le autorità e il corpo diplomatico mette subito in luce il tema fondamentale del suo viaggio.
La Santa Sede ha una nuova casa in Malesia, e l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, è volato a Kuala Lumpur per inaugurarla: è stata anche una occasione di spiegare il senso della missione diplomatica della Santa Sede. Intanto, la scorsa settimana, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, è stato in Romania, per rafforzare ulteriormente le buone relazioni, e magari per programmare un prossimo viaggio di Papa Francesco nella nazione, magari nel 2019, e non nel 2018 come si era inizialmente pensato.
Il Papa sarà in Myanmar e Bangladesh per “esprimere vicinanza e sostegno” alla comunità cristiana e per “essere una presenza di pace e riconciliazione e solidarietà” nella nella società: lo dice il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, in una intervista al Centro Televisivo Vaticano alla vigilia del viaggio di Papa Francesco.