Si chiamava Alex Pinto, ed era un frate francescano scomparso misteriosamente il 17 luglio in Venezuela. Il suo corpo bruciato, in stato di decomposizione, è stato ritrovato il 21 luglio tra Ciudad Bolìvar e Puerto Ordaz, al km 19. Ed è l’ennesimo assassinio di un religioso nell’anno.
Nella notte tra il 9 ed il 10 giugno 2014 decine di migliaia di cristiani hanno abbandonato Mosul, certi che sarebbero presto rientrati nelle loro case.
Al termine della 68/ma Assemblea Generale della Cei il Cardinale Angelo Bagnasco intervistato da Aci a tutto campo. "Il lavoro sia per l'Italia la parola d'ordine. I cristiani uccisi? Non bastano le grandi proclamazioni di condanna pubblica"
Il difficile compito di essere madre e padre e il conseguente rapporto con i figli è stato affrontato stamane dal Papa nella consueta udienza generale del mercoledì. Francesco torna poi a chiedere il rispetto della libertà religiosa.
Il lamento del Papa per i cristiani perseguitati si alza dalla Cappella della Domus Sanctae Marthae, nella consueta omelia che il Papa nella messa quotidiana. Si parte dall’annuncio ai discepoli dello Spirito Santo, dallo scandalo della Croce, per giungere al compimento della profezia di Gesù, l’ora in cui – racconta il Papa – “chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio”. “Un cristiano che non prende sul serio questa dimensione ‘martiriale’ della vita non ha capito ancora la strada che Gesù ci ha insegnato,” commenta Papa Francesco.
Dall’Iraq agli Stati Uniti, per raccontare il suo lavoro tra i cristiani perseguitati. Era il viaggio che avrebbe dovuto fare Suor Diana Momeka, della Sorelle Domenicane di Santa Caterina da Siena. Ma il governo degli Stati Uniti le ha negato il visto provvisorio di ingresso nel Paese. Il motivo? Secondo gli ufficiali USA, si temeva che la richiesta del visto non corrispondesse alle reali intenzioni della suora. Ovvero, che lei avrebbe usato il visto per entrare nel Paese, e poi emigrare illegalmente lì.
Più comunione tra le Chiese, per rispondere al momento di crisi dell’Iraq. Il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, termina (o “completa,” come preferisce dire lui) il viaggio in Iraq con un indirizzo di saluto alle agenzie della ROACO che si riuniscono ad Erbil. In agenda, il coordinamento degli aiuti alla popolazione irachena, mentre arriva il caldo torrido dell’estate e si deve trovare per i profughi una soluzione che permetta loro una vita più degna e meno disagevole.
È arrivato ieri ad Erbil, capitale della Regione del Kurdistan in Iraq, dove la presenza degli sfollati ha sempre bisogno di visibilità e assistenza. Ma il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, ha prima fatto un passaggio a Baghdad, dove ha incontrato il 3 maggio il presidente Fuad Masum, e dove il 2 maggio è stato in visita alla Casa Bayt Anya, istituzione caritativa della Chiesa siro cattolica. Un viaggio per non dimenticare la situazione dei cristiani perseguitati.
La dimensione di convivenza tra popoli e culture del mondo occidentale oggi è “messa in pericolo,” anzi sembra già in atto “un vero e proprio smantellamento” di questa dimensione, mentre secondo “un’altra non condivisibile ipotesi, dovremmo assistere ad una riorganizzazione degli Stati su base confessionale.” Da Bari, terra “abituata a guardare ad oriente,” il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, parla all’Incontro Intercristiano su “Cristiani in Medio Oriente, quale futuro” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, e di fronte ad una assise composta da membri delle varie confessioni cristiane, chiede di rinnovare il cammino verso l’unità, e sottolinea il silenzio sulla strage dei cristiani.
Ancora una volta le persecuzioni contro i cristiani sono al centro dell'omelia del Papa, pronunciata nel corso della messa quotidiana a Santa Marta.
“Io, come te.” Le parole vengono fuori in dialetto curdo, ma i gesti sono inequivocabili. La bambina di circa 10 anni che risiede con la famiglia in uno dei campi allestiti dalla Caritas nei dintorni di Erbil indica la croce che porto al collo, e mi fa capire che è anche lei è cristiana. Sembra una banalità, ma qui è importante. Perché i cristiani che sono scappati da Mosul e che si sono riversati nel Kurdistan iracheno in cerca di sicurezza non si fidano più di nessuno che non sia cristiano.