Non è ancora stato definito nei dettagli né ufficializzato (se non da parole del Papa) il viaggio che Papa Francesco dovrebbe compiere in Belgio, per festeggiare i 600 anni dell’Università di Lovanio – dal 1968 divisa in due entità, una di lingua francese e una di lingua neerlandese. Tuttavia, il viaggio potrebbe rivelarsi più complesso del previsto, considerando lo scoppio del caso Vangheluwe, la pressione mediatica sulla Santa Sede e persino le concessioni del nunzio che metterebbero a rischio la separazione tra Chiesa e Stato.
Solo il 37 per cento delle persone morte in Belgio hanno chiesto di essere salutate con un funerale religioso, mentre la pratica domenicale della Messa è scesa del 20 per cento. Il rapporto annuale della Chiesa in Belgio non presenta numeri incoraggianti, anzi. Ma, ed è questo un dato da considerare, i numeri si riferiscono ad un periodo in cui c’era ancora la pandemia, e vanno calati in quella realtà di emergenza. Qualche speranza c’è, insomma. Ma è labile, considerando la situazione generale.
La secolarizzazione come problema, ma anche come sfida da affrontare, e da superare con l’evangelizzazione. Il Cardinale Jozef de Kesel, arcivescovo di Bruxelles-Malines, non ha una visione pessimista sulla situazione che si sta vivendo in Europa. Lo racconta ad ACI Stampa.
Resterà in Belgio ancora un po’, poi andrà in Francia, in nel santuario di Notre Dame de Laus in Provenza, ad aiutare nelle confessioni, celebrare Messa, magari scrivere qualche altro libro. André-Joseph Leonard è stato l’arcivescovo di Bruxelles per gli ultimi cinque anni. Raggiunto il limite di 75 anni di età, come da prassi, ha rassegnato le dimissioni. Il 5 novembre Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Jozef de Kesel come suo successore. Con ACI Stampa, l’Arcivescovo Leonard fa un bilancio del suo lavoro.