La diocesi di Pécs, nel sud dell’Ungheria, ha più di mille anni. È una comunità che si è rafforzata nelle vicissitudini storiche, che vive profondamente il suo essere varia, che ha una vibrante vita culturale. Ed è lì che, nel novembre del 2020, è arrivato László Felföldi come vescovo.
Non un ruolo politico, ma un ruolo di vicinanza umana che può aiutare i legami nella regione, può essere un contributo per la pace, può aiutare nel dialogo ecumenico: il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom – Budapest, tratteggia così il ruolo della Chiesa ungherese.
Sembra incredibile, ma fino a 30 anni fa Budapest non era arcidiocesi. Non era nemmeno diocesi. La sede primaziale di Ungheria era Esztergom, mentre le parrocchie di Budapest era divisa tra diverse diocesi, cosa che rispecchiava, in fondo, il fatto che la città fino al XIX secolo era, in realtà, accorpamento di tre diversi villaggi, separati dal fiume Danubio. Entità anche diverse tra loro, perché alcune erano state più esposte alle invasioni tartare e turche di altre.
La pace in Ucraina è vitale per l’Ungheria, così come l’appello di Papa Francesco a perseverare nella ricerca di pace. Lo sottolinea monsignor Tamás Toth, segretario generale della Conferenza Episcopale Ungherese, in una intervista con il Gruppo ACI in cui racconta il senso del viaggio del Papa, ma anche il viaggio che sarebbe potuto essere, se non si fosse scelto che il Papa andasse solo a Budapest.