C’erano circa 2 mila fedeli a riempire lo scorso 10 dicembre la chiesa di St. Sulpice, la seconda più grande di Parigi dopo la cattedrale di Notre-Dame. Tanti fedeli per una occasione speciale, che si è trasformato nel grande abbraccio del popolo dell’arcidiocesi al suo arcivescovo, Michel Aupetit, travolto da varie accuse a mezzo stampa, le cui dimissioni sono state accettate da Papa Francesco “sull’altare dell’ipocrisia”, come lo stesso pontefice ha detto in aereo di ritorno dalla Grecia.
Esprimiamo “profonda preoccupazione a seguito del rapimento di sette persone ad Haiti, tra cui una suora e un sacerdote francesi. La grande povertà di questo paese, unita alle controversie politiche, ha aumentato l'insicurezza”. Lo scrive la Conferenza Episcopale Francese dopo il rapimento di sette religiosi avvenuto domenica mattina nelle vicinanze della capitale haitiana Port-au-Prince.
Era tornato in Francia all’età di 85 anni, dopo una vita spesa in Cambogia, prima ad organizzare la Chiesa locale, poi ad aiutarla a vivere i terribili anni della persecuzione, dei Khmer Rossi e di Pol Pot. Il vescovo Yves-George René Ramousse è morto lo scorso 26 febbraio in una casa di cura a Montbeton, nel Sud della Francia. Due terzi della sua vita sono stati, però, trascorsi in Cambogia, Paese che dovette lasciare nel 1975, alla presa del potere degli Khmer Rossi, e dove ritornò nel 1989, servendo da vicario apostolico nella capitale Phnom Pehn fino al 2001.
Non si è fermata sotto le bombe nel 1944, e non si è fermata nemmeno durante il periodo della pandemia, l’adorazione eucaristica che si tiene nella Basilica del Sacro Cuore a Montmartre, a Parigi. Dal 21 ottobre, quel santuario che nasce come un santuario di espiazione sul luogo che fu scenario di tanti martiri è considerato monumento nazionale di Francia.