È un appello alla preghiera, quello che i vescovi cattolici di Russia hanno lanciato al termine della loro ultima plenaria, che si è tenuta il 15 e 16 marzo. Assemblea durante la quale è venuta la notizia che il Papa avrebbe consacrato Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria. Un segno di speranza per i vescovi del Paese, che il 24 febbraio, al momento dell’aggressione russa, avevano invece scritto una lettera ai fedeli dicendosi “shockati” dalla situazione.
Monsignor Igor Kovaleskij è stato sacerdote durante i trenta anni della rinascita religiosa della Russia post-sovietica. Segretario generale della Conferenza Episcopale Russa, è stato per anni la voce di una Chiesa che era, sì, minoranza, che cominciava a rinascere, “aggiustando” volta per volta i rapporti con gli ortodossi, e cominciando a guardare anche al futuro. Così, mentre per la prima volta in decenni l’arcidiocesi della Gran Madre di Dio di Mosca ha un vescovo ausiliare russo (il vescovo Dubinin), monsignor Kovaleskij ha deciso di lasciare il servizio ecclesiastico. A 56 anni, riparte da zero, cerca un lavoro, e cambia vita. Ma la sua non è una crisi di fede. È, piuttosto, una crisi di fiducia.
Il pontificato di Giovanni Paolo II ha costruito ponti tra l’ Est e l’ Ovest dell’ Europa divisa. Questa è ormai un certezza sia per gli storici che per i politici.
È cominciato il giorno dell’annunciazione, il 25 marzo, e terminerà l’anno prossimo con un pellegrinaggio in Terrasanta alla vigilia della stessa ricorrenza, lo speciale anno giubilare che la Chiesa Cattolica in Russia ha dedicato a Maria, Madre della Parola di Dio.
Ci sono voluti 83 anni e circa 20 anni di battaglia legale per riavere l’edificio della Chiesa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine di Maria di Ryazan. E l’arcivescovo Paolo Pezzi, della Chiesa della Gran Madre di Dio di Mosca, ha servito la prima Messa nell’edificio restituito lo scorso 15 aprile, di fronte a circa 100 fedeli, che sono arrivati da Mosca, ma anche da altre città nei dintorni.