“Siamo vicini al nostro popolo.” Con una lettera spedita alla Commissione Europea, alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario internazionale, i vescovi Franghiskos Papamanolis e Nikolaos Printezis, rispettivamente numero 1 e 2 della Conferenza Episcopale greca prendono la parola per chiedere attenzione per il popolo che sta soffrendo, e di giustificare il loro popolo che vuole davvero rimanere nell’Unione Europea.
“La famiglia, come chiesa domestica, è il luogo primo dove avviene la trasmissione della fede. E’ lì che spesso si scopre e si sviluppa la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Allo stesso tempo la famiglia può essere il luogo dove una nascente vocazione può essere soffocata, se non è adeguatamente accompagnata e sostenuta. Se si perde di vista l’idea che l’istituzione famigliare, è essenzialmente una comunità di fede per il benessere della coppia e dei loro figli, questo ha un effetto diretto sulla naturale armonia della vita familiare, e con essa sulla quantità e la qualità delle vocazioni”, ha affermato don Michel Remery, Vice Segretario Generale del CCEE, in apertura dei lavori ieri pomeriggio dell’Incontro Europeo Vocazioni in corso a Praga.
Nell’Anno della Vita Consacrata e alla vigilia del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia, la Commissione per le vocazioni del CCEE, il Servizio Europeo per le Vocazioni (EVS), organizza l’annuale Congresso vocazionale europeo sul tema dell’accompagnamento dei giovani al sacerdozio e alla vita consacrata nel contesto culturale della famiglia oggi, con lo scopo di “creare le condizioni” perché la famiglia possa essere “un grembo fecondo di vocazioni,” afferma mons. Domenico dal Molin, direttore dell’Ufficio Vocazioni della Conferenza episcopale italiana e coordinatore della Commissione CCEE per le vocazioni (EVS)
“Le opere a volte parlano della fede, per cui sicuramente è importante farsi presente con un annuncio cristiano che passi attraverso una prossimità che si fa concreta, non è soltanto teorica ma che si sporca le mani andando incontro agli altri e mettendosi in gioco.
Una Europa “molto spesso confusa, che sembra priva di una vera cultura di accoglienza, così come di una vera solidarietà tra i diversi Paesi che la compongono.” Parla così il Cardinal Josip Bozanic, archivescovo di Zagabria e presidente della sezione “migrazioni” della Commissione del Consiglio per le Conferenze Episcopali Europee “Caritas in Veritate.” Bozanic prende la parola in apertura dell’Incontro dei vescovi e responsabili nazionali per la pastorale dei Migranti in Europa in corso a Vilnius fino a giovedì 2 luglio.
Come fronteggiare le emergenze migratorie più recenti, come combattere la tratta degli essere umani, qual è lo spazio dei sacramenti nella pastorale dei migranti e l’annuncio di Cristo ai cinesi giunti nel vecchio continente, sono alcune delle domande a cui cercheranno di rispondere nella quattro giorni di lavoro, promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), i vescovi e direttori nazionali per la pastorale dei migranti e rifugiati delle Conferenze episcopali in Europa, in programma a Vilnius (Lituania) dal 29 giugno al 2 luglio 2015.
“La famiglia deve affrontare molte grandi sfide in tutto il mondo e in tutti i continenti.” Con queste parole del cardinale Péter Erdő presidente del CCEE si è aperto a Maputo il seminario: “La gioia della famiglia” organizzato congiuntamente dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e dal Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SECAM).
Si tiene a Maputo (Mozambico) dal 28 al 31 maggio 2015 il Seminario sul tema “La Gioia della Famiglia,” co-organizzato dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM). Un evento che si inserisce nel progetto di crescente collaborazione pastorale tra i due organismi, i quali hanno organizzato incontri per i vescovi di entrambi i continenti per rinforzare la comunione e la collaborazione, e una riflessione sulle grandi sfide della Chiesa.
L'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani è stato il tema della conferenza organizzata dalla Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) a Vienna, il 18 maggio 2015. Le delegazioni dei vari Stati della regione dell'OSCE, nonché ONG attive nel campo dell’intolleranza e della discriminazione contro i cristiani ha discusso in tre sessioni circa l'importanza di rafforzare gli sforzi per prevenire e combattere l'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani nella regione dell'OSCE, concentrandosi sui crimini ispirati dall'odio, l'esclusione, l'emarginazione e la negazione dei diritti.
“In quest’anno che segna il cinquantesimo anniversario di Nostra Aetate, siamo più che mai convinti che il dialogo interreligioso, e nel nostro caso, il dialogo tra cristiani e musulmani, non solo è necessario per costruire la pace, ma è un imperativo della nostra fede.” Inizia così il messaggio finale dei vescovi e delegati della Conferenze episcopali d’Europa per le relazioni con i musulmani riuniti a St. Maurice (Svizzera) da mercoledì scorso.
Nei rapporti con il mondo islamico bisogna "analizzare con realismo la situazione” ed “esprimere nuovamente le nostre convinzioni con forza”. E riaffermare “la via del dialogo”, “lo sappiamo”, perché la strada “della conoscenza, della collaborazione e della stima reciproca, prepara realisticamente per il futuro”.
Per il cardinale Jean Louis Tauran la stragrande maggioranza dei musulmani “non si riconosce in atti barbarici”. E allora “il dialogo è più che mai necessario”; perché “anche in un contesto di persecuzione, può diventare un segno speranza”. Il Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, si è rivolto ieri ai vescovi e delegati delle Conferenze episcopali per i rapporti con i musulmani in Europa, riuniti a St. Maurice, in Svizzera, fino a domani.
Di fronte a segni di radicalizzazione del discorso comunitario e religioso in Europa, è necessario riaffermare come comunità religiose del continente, il nostro profondo desiderio di dialogo. E’ urgente arginare l’incremento della diffidenza, dell’odio, e una certa stigmatizzazione in particolare dell’idea che una convivenza tra cristiani e musulmani sia impossibile”, afferma mons. Duarte da Cunha, Segretario generale del CCEE, a poche ore dell’apertura questo pomeriggio (ore 18) a St. Maurice (Svizzera) dell’incontro dei vescovi e delegati delle Conferenze episcopali d’Europa per le relazioni con i musulmani in Europa. L’incontro, promosso dal CCEE, vede la partecipazione di circa 35 delegati che si confronteranno sul tema La radicalizzazione dell’Islam.
Esiste una radicalizzazione dei musulmani in Europa? E come questa questione viene affrontata in seno alle comunità musulmane? Come è possibile promuovere una cultura del dialogo tra cristiani e musulmani? Insomma quali sono i dinamismi culturali e religiosi dei musulmani del continente? Sono queste alcune delle questioni su cui si confronteranno i vescovi e delegati per le relazioni con i musulmani delle Conferenze episcopali d’Europa.
La parola chiave è libertà. Una libertà per denunciare violenza e oppressione, per salvare i migranti del Mediterraneo, che vada altre i pregiudizi. Ma anche la libertà che definisce la Creazione come un dono sacro, in vista degli incontri di Parigi per il cambiamento climatico a dicembre. C’è tutto questo nel messaggio congiunto del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e della Conferenza delle Chiese Europee. Due organismi che vanno molto al di là dell’Europa comunitaria, e abbracciano un arco di nazioni che va “dal Pacifico all’Atlantico,” sottolinea il Cardinal Petr Erdo, presidente del Consiglio. Due organismi che insieme racchiudono tutte le confessioni cristiane del continente, che si sono messe insieme “Per una Europa di Libertà.”
“Oggi le Chiese e le Comunità ecclesiali in Europa si trovano ad affrontare sfide nuove e decisive, alle quali possono dare risposte efficaci solo parlando con una voce sola.” Papa Francesco lo ha ricordato nel su discorso della mattina al Comitato congiunto della Conferenza della Chiese europee (CEC) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’ Europa (CCEE).
Circa i “matrimoni misti tra cattolici e ortodossi”, “esistono sfide e problemi a causa delle diversità nel modo di concepire il matrimonio e la sua sacramentalità; ma bisogna accompagnare le coppie in un cammino di fede, perché le differenze non conducano a un relativismo e un’indifferenza religiosa”, anzi siano “un’autentica esperienza di dialogo ecumenico”. In discussione anche i temi dell’“economia globalizzata che non ha cura né attenzione per i poveri né per i giovani”, delle “migrazioni”, “una grande sfida” che esige attenzione e quelli legati alla “pastorale della famiglia, che non può essere una pastorale di massa ma piuttosto una pastorale di vicinanza e di contatti personali”.
Un messaggio congiunto di tutte le Chiese europee per la Giornata Mondiale dei Rom, perché le comunità diventino sempre più aperte nei confronti dei Rom, che sono “spesso esclusi e vivono in povertà ai margini della società.”