"La nostra Europa si è trovata di fronte ad una vera e propria catastrofe ambientale che, nel 97% dei casi, è attribuibile alla mano dell’uomo”. Inizia così il messaggio dell’Arcivescovo Metropolita di Scutari-Pult Presidente della Conferenza Episcopale Albanese Angelo Massafra.
Il problema è prima di tutto l’approccio. Perché è vero che la Chiesa deve affrontare i problemi del tempo – dalle transizioni ecologica e digitale alla povertà e la guerra -, ma è anche vero che l’atteggiamento non può essere quello di una qualunque organizzazione. La Chiesa non può prendere semplicemente le sfide del mondo. Deve portare al mondo un qualcosa di nuovo. Deve proclamare la fede.
“La religione non può essere usata come mezzo per giustificare questa guerra. Tutte le religioni, e noi come cristiani, siamo uniti nel condannare l'aggressione russa, i crimini che vengono commessi contro il popolo dell'Ucraina e la blasfemia che rappresenta l'uso improprio della religione in questo contesto”.
I Vescovi europei accolgono l’invito rivolto da Papa Francesco ai vescovi di tutto il mondo e ai loro presbiteri a unirsi a lui nella preghiera per la pace e nella consacrazione e affidamento della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria. Lo afferma una nota del CCEE.
“La Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, dando voce ai vescovi del Continente europeo, in questo drammatico momento di tensione intorno all’Ucraina, desidera esprimere la sua vicinanza alle Chiese che sono in Ucraina e a tutto il suo popolo, e invita la Comunità internazionale a sostenere il Paese di fronte al pericolo di un’offensiva militare russa”.
Un rinnovato pensiero sociale, un nuovo impulso alla solidarietà, uno sguardo attento alla transizione ecologica, ma anche a quella tecnologica e soprattutto quella demografica e famigliare, caratterizzeranno il Terzo Appuntamento delle Giornate Sociali Cattoliche Europee, in programma a Bratislava dal 17 al 20 marzo 2022.
“Nessuno tema il Vangelo di Gesù”. È un grido che risuona forte, nel messaggio dei presidenti delle Conferenze Episcopali Europee ai popoli di Europa. Nell’assemblea dei cinquanta anni, che segna anche un necessario cambio generazionale con una nuova presidenza, i vescovi concludono la loro assise con un appello ai popoli di Europa di non temere il Vangelo, ma anzi di riscoprirne le radici.
Per la prima volta il CCEE è guidato da un arcivescovo europeo che non è nato sul suolo europeo. Per la successione del Cardinale Angelo Bagnasco alla guida del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa i vescovi hanno scelto l’arcivescovo Gintaras Grušas di Vilnius, nato a Washington nel 1961 nella diaspora lituana. Ad affiancarlo come vicepresidenti il Cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, ma anche presidente della COMECE e relatore generale del prossimo sinodo dei vescovi; e il vescovo László Német, presidente della Conferenza Episcopale dei Santi Cirillo e Metodio, che raggruppa i vescovi di Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord.
Settimana dal profumo di Europa, per la diplomazia pontificia. I Cardinali Parolin e Hollerich e l’arcivescovo Gallagher sono intervenuti, lo scorso 22 settembre, alla tre giorni organizzata a Roma dal Partito Popolare Europeo. Il 23 settembre è iniziata invece la plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, e il Cardinale Parolin ha tenuto una relazione seguito da domande e risposte.
L’Europa “deve ritrovare se stessa”, il suo “posto nella storia”, deve diventare una “Europa dello spirito”, perché il più grande frutto della civiltà europea sta proprio in quella “concezione altissima della persona umana che non è affidata alle maggioranze, ma è custodita da Dio”. E questo non deve far paura, perché il criterio della vera laicità sta proprio nel Vangelo.
Il transumanesimo, che non è una teoria, ma una realtà. Ma anche il tema della libertà umana, che porta addirittura a manipolare l’essere umano con l’idea di una pretesa libertà che si trasforma in controllo. Il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, delinea le sfide dell’Europa che verrà. Una Europa che lui vede cristiana, e unita da questo filo rosso del cristianesimo dall’Atlantico agli Urali.
È una Europa “malata di stanchezza”, dove in tanti pensano che la fede sia una cosa del passato semplicemente perché “non hanno visto Gesù all’opera”, quella delineata da Papa Francesco nella messa di inaugurazione della plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europe, che cade nelle celebrazioni per i cinquanta anni dell’organismo.
Cinquanta anni: una lunga, incredibile “avventura”, di cui, per fortuna, non si vede la fine, ma che forse non era immaginabile in quel giorno di marzo, il 25 marzo per l’esattezza, del 1971, in cui nacque quell’organismo che doveva, per i decenni a venire, rappresentare la missione della Chiesa europea: evangelizzazione e dialogo, sostegno e azione, ma prima di ogni altra cosa, dare conto della speranza della fede, rispondere sempre e in ogni circostanza, che è Cristo la strada, la via, la risposta.
Nel programma degli incontri a Budapest per il Congresso Eucaristico internazionale anche una sessione dedicata alla “Evangelizzazione e impegno sociale in Europa”. Relatori il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente dei vescovi Ue (Comece) è il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. A lui abbiamo chiesto qual è oggi la missione del CCEE: Bagnasco: lo smarrimento porta strade sbagliate che vanno contro la dignità
Una Messa con Papa Francesco e un incontro con il presidente italiano Sergio Mattarella sono i momenti “clou” dell’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, che quest’anno, in occasione del suo Cinquantenario, si tiene a Roma dal 23 al 26 settembre.
Vescovi di Europa e Africa si impegnano in comunione e collegialità a "lavorare per promuovere la dignità umana, la fraternità e la solidarietà, che sono al centro dell'esistenza umana e di una pacifica convivenza". Lo si legge in un messaggio al termine del seminario congiunto CCEE - SECAM, che si è svolto l'1 e 2 giugno con il tema “La solidarietà nella promozione della dignità umana alla luce di Fratelli tutti”.
I Vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa si uniscono al Papa nella preghiera per il Libano “affinché possa proseguire nella sua vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo”.
Sarà con un momento ecumenico online che il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e la Conferenza delle Chiese Europee celebreranno i venti anni della Charta Oecumenica, parte di un percorso di dialogo portato avanti dalle confessioni cristiane di Europa negli ultimi anni. Lo annunciano il Cardinale Angelo Bagnasco e il rev. Christian Krieger, presidenti delle due organizzazioni, in una dichiarazione congiunta.
Dopo il Concilio Vaticano II anche in Europa “si sentiva il bisogno di rafforzare gli sforzi della evangelizzazione a fronte delle grandi sfide che il cambio culturale del ’68 aveva innescato. Favorire l’incontro delle Conferenze Episcopali, la reciproca conoscenza, lo scambio di esperienze, un nuovo annuncio di Cristo, la pastorale e il suo futuro, si presentavano come momenti necessari di fronte all’incalzare di nuovi modi di pensare e di agire. In questo orizzonte, il CCEE fu un segno della attenzione della Chiesa verso il mondo in cambiamento”. Lo scrive il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, in occasione del 50/mo della fondazione del CCEE.
Quando, nel settembre del 2019, i vescovi cattolici europei di rito orientale si sono riuniti a Roma per il loro incontro annuale, c’era un mondo sullo sfondo che era allo stesso tempo una sfida e una possibilità. Una sfida, perché le tensioni ecumeniche, che avevano toccato soprattutto il mondo ortodosso, si accompagnavano invece a nuove iniziative, come una certa diplomazia delle reliquie. E una opportunità, perché proprio da lì si poteva partire per ridare nuovo slancio alla missione ecumenica. Due anni dopo, la situazione è ancora quella, parzialmente congelata dal coronavirus. Ed è per quello che vale la pena tornare indietro a quella riunione.