Sembra incredibile, ma fino a 30 anni fa Budapest non era arcidiocesi. Non era nemmeno diocesi. La sede primaziale di Ungheria era Esztergom, mentre le parrocchie di Budapest era divisa tra diverse diocesi, cosa che rispecchiava, in fondo, il fatto che la città fino al XIX secolo era, in realtà, accorpamento di tre diversi villaggi, separati dal fiume Danubio. Entità anche diverse tra loro, perché alcune erano state più esposte alle invasioni tartare e turche di altre.
Smantellata, chiusa, murata. Come tutti gli edifici di culto, quella chiesa doveva sparire. Così il governo comunista di Ungheria, dopo aver messo al bando la Congregazione Paolina che viveva e animava la “Chiesa nella roccia” (ma sarebbe più corretto dire “Chiesa nella grotta) decise di nascondere agli occhi di tutti gli abitanti di Budapest questo piccolo gioiello su una collina che sormonta il Ponte della Libertà. La croce, posta sulla cima della collina di Gellert a sovrastare tutta la città, fu rovesciata. E per quaranta anni non si sentì più parlare di quella chiesa.
“Ma io chi sono davvero per te? Chi sono per te?” A questa domanda risponde Papa Francesco nella omelia della messa che conclude il Congresso Eucaristico a Budapest questa mattina, la Statio Orbis.
L’Ungheria ricorda l’Imperatore Carlo I d’Asburgo, per gli ungheresi re Carlo IV, con una statua nel centro di Budapest. Lo fa per ricordare i cento anni dalla sua ascesa al trono e per non dimenticare il Beato, ultimo re d’Ungheria.