Nel consueto discorso per lo scambio di auguri natalizi con la Curia Romana il Papa stamane ha proposto tre verbi - ascoltare, discernere, camminare - associandoli ad alcuni personaggi principali del Santo Natale.
Il pericolo più grande, per gli uomini di Chiesa che lavorano in Curia, è quello del “demonio educato, che non viene facendo rumore, ma portando fiori”. Ed è per questo – si giustifica Papa Francesco – che a volte dice “cose che possono suonare dure e forti”, ma non perché “non creda nel valore della dolcezza e della tenerezza, ma perché è bene riservare le carezze agli affatica e agli oppressi e trovare il coraggio di affliggere i consolati”, perché – spiegava don Tonino Bello, citato dal Papa – “a volte la loro consolazione è solo l’inganno del demonio e non un dono dello Spirito Santo.
La Curia romana e il Governo della Chiesa cattolica devono tenere conto del cambiamento della società senza però perdere la Tradizione e l’identità.
L’importanza del rapporto con le nazioni, ma anche di quello con i vescovi locali. Il peso dell’ecumenismo, ma anche quello del dialogo interreligioso: nella seconda parte del suo discorso alla Curia per gli auguri natalizi, Papa Francesco torna allo schema classico, spiegando l’importanza del lavoro della Curia.
Per la prima volta il Papa spiega la riforma della Curia che ha intrapreso all’inizio del suo pontificato. E lo fa secondo un logica ignaziano: deformata reformare, reformata conformare, conformata confirmare e confirmata transformare.
É la parola misericordia a guidare la riflessione del 2015 del Papa per la Curia Romana ma con lo sguardo anche alle “malattie” dello scorso anno che, dice il Papa “si sono manifestate nel corso di questo anno, causando non poco dolore a tutto il corpo e ferendo tante anime. Sembra doveroso affermare che ciò è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti”. Ma “la riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”.