ACI Prensa ha intervistato l'arcivescovo Charles J. Chaput, arcivescovo emerito di Filadelfia, sulle controversie e la confusione che sono sorte intorno al "cammino sinodale". L'arcivescovo nordamericano, che ha partecipato a numerosi sinodi durante tre pontificati, tra cui uno dei rappresentanti dell'America, al Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 2015, è un'autorità ampiamente riconosciuta in materia.
Il primo vincitore del “Mother Angelica Award” è l’arcivescovo Charles J. Chaput, emerito di Philadelphia e di Denver, che ha ricevuto il premio intitolato alla fondatrice di EWTN in una cerimonia trasmessa in tutto il mondo il 15 agosto, giorno in cui 40 anni fa l’emittente trasmetteva per la prima volta.
Una crisi di fede: l’arcivescovo Charles J. Chaput, di Philadelphia, la ha messa in luce alla vigilia del Sinodo. Ma non è un concetto nuovo per lui. Da sempre, l’arcivescovo ha sottolineato che il nodo cruciale non sta tanto nell’analizzare i problemi della Chiesa da un punto di vista secolare, ma nel fatto che la fede resta disincarnata. Temi cruciali al Sinodo di oggi.
Chi è chiamato a fornire le linee guida per l’applicazione dell’Amoris Laetitia? La domanda, rimasta a volte sospesa, trova risposta in un dibattito che ha coinvolto alcuni dei prelati americani più in vista, proprio nel periodo in cui i vescovi USA si riunivano per eleggere la nuova presidenza. E la risposta l’ha data, chiarissima, l’arcivescovo Charles J. Chaput di Philadelphia: sono i vescovi, come pastori del loro gregge, a delineare una risposta pastorale sull’esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco.
È una “sottile mancanza di speranza” quella che si può percepire nell’Instrumentum Laboris del Sinodo 2015. Così la descrive l’arcivescovo Charles J. Chaput, di Philadelphia, nel suo intervento in aula sinodale del 7 ottobre, pubblicato sul sito della diocesi di Philadelphia.