Nel 2014, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lanciava l’idea di stabilire un ufficio per le mediazioni pontificie all’interno della Segreteria di Stato. Prima ancora, nel 2013, il professor Vincenzo Buonomo, attuale rettore della Pontificia Università Lateranense, presentando un volume del Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato emerito, esaltò il ruolo delle mediazioni pontificie in situazioni difficili di conflitto. Lo scorso 29 agosto, il tema della mediazione è stato al centro di un dibattito del Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite.
Se il lavoro della Santa Sede nel concerto internazionale è universalmente riconosciuto, c’è stata anche una opposizione alla sua presenza come Stato sovrano nelle organizzazioni internazionali, sfociato a metà anni Novanta nella campagna “See change”. Ma oggi è ancora così? L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, sostiene che no, non è più così, anche se una certa resistenza ideologica resta.
Non solo l’impegno nei negoziati. La Santa Sede partecipa ai lavori delle Nazioni Unite con un compito particolare di evangelizzazione, che in realtà permea tutta l’attività della diplomazia pontificia. Per la Santa Sede, la diplomazia è uno dei mezzi con cui diffondere e proteggere la fede. Ne parla l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York.
Perché le Nazioni Unite sono importanti per la Santa Sede? Perché c’è una missione e un Osservatore permanente negli organismi internazionali? Spesso, quando si parla di diplomazia pontificia, si cerca proprio di comprendere il motivo della presenza della Santa Sede nei grandi organismi multilaterali. E forse il modo più semplice di rispondere è quello dell’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU di New York: “Crediamo che tutte le nazioni debbano stare insieme per il bene di tutta la comunità internazionale”.
Non ci sono stati preamboli, all’incontro preparatorio dei negoziati sul global compact per Migrazioni Ordinate, Regolari e Sicure. Quando i leader delle nazioni si sono riunite a Puerto Vallarta, in Mexico, per discutere il grande documento intergovernativo, nessuno ha dato il via al dibattito. C’è stato solo un video di Papa Francesco, che riprendeva un suo intervento sulle migrazioni e che ha dato il tono all’incontro.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, una settimana densa di interventi. Tra New York e Ginevra, gli Osservatori Permanenti della Santa Sede Bernardito Auza e Ivan Jurkovic hanno portato la posizione della diplomazia pontificia sui temi dello sviluppo, dei diritti dei rifugiati e delle donne, e sulla pace. Si prepara, intanto, un evento organizzato dalla Santa Sede presso il Palazzo di Vetro di New York: il tema è “L’altro è un bene per me: il ruolo del dialogo interreligioso e interculturale nell’affrontare violenza e conflitto e nel costruire una pace duratura nel mondo di oggi”.
Nell’ambito di un dibattito al Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite sulla “Protezione delle Infrastrutture critiche contro gli attacchi terroristici”, la Santa Sede ha chiesto ha gran voce l’intervento della comunità internazionale per proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi terroristici.
La denuncia è diretta: “Il traffico di esseri umani è un crimine contro l’umanità”. Ma l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente delle Nazioni Unite presso l’ufficio di New York, non esita a usare termini forti, riprendendoli direttamente dai discorsi di Papa Francesco: “ferita aperta nella società contemporanea”, un “atroce flagello” che accade proprio nei posti che ci sono vicini.
Che Dio sia morto “è stata una notizia piuttosto prematura”, perché i media secolari sono pieni di notizie che riguardano eventi legati alla religione. Ma questi eventi “non riguardano quello che le persone di vera fede avrebbero voluto sentire”. Le cose fatte “in nome della religione”, compresa la violenza in nome di Dio, sono infatti parte delle notizie di ogni giorno. L’analisi, amara, è fatta dall’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Il quale indica anche una “road map” per uscire fuori dall’impasse.
Se vuoi la pace, costruisci sviluppo. Ma soprattutto, rispetta i diritti umani. La ricetta della Santa Sede per la lotta al terrorismo si trova nella Dottrina Sociale della Chiesa, e viene declinato in termini moderni dall’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, in occasione del dibattito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla pace e sulle radici dei conflitti.
La Santa Sede si interroga sul perché i giovani si facciano reclutare via Internet per darsi all’estremismo violento, ed elabora una risposta basata sull’educazione, ma anche sull’applicazione di politiche adeguate che sappiano integrare i giovani immigrati nelle comunità che li ospitano. Le proposte della Santa Sede sono contenute in un discorso del 23 aprile scorso che l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha tenuto in un dibattito promosso al Consiglio di Sicurezza sul “ruolo della gioventù nel contrastare l’estremismo violento e promuovere la pace.”