Città del Vaticano , giovedì, 8. novembre, 2018 18:00 (ACI Stampa).
E’ a lui che dobbiamo l’ idea “classica” di “classicismo”: Johann Joachim Winckelmann. “Nobile semplicità e quieta grandezza” questo in sintesi il suo pensiero basato sullo studio dell’arte greca e romana che l’erudito tedesco ha posto come base per lo studio di tutta l’arte e come metodo archeologico.
Da domani 9 novembre 2018 e fino al 9 marzo 2019 la mostra Winckelmann. Capolavori diffusi nei Musei Vaticani ricorda l’ anniversario della nascita a Stendal, il 9 dicembre 1717e della morte avvenuta a Trieste per mano di un rapinatore che mirava alle medaglie d’oro appena ricevute dall’Imperatrice d’ Austria. Era il 1768.
Winckelmann era arrivato a Roma alla corte del Papa nel 1755 grazie alla intercessione del cardinale Alberico Archinto. Convertitosi al cattolicesimo decise di rimanere a Roma ben oltre i due anni previsti anche perché in Patria scoppiò la guerra. Fu poi il cardinale Albani, fratello del Papa Clemente XI, ad essere il mecenate dello studioso tedesco. E Villa Albani con le sue magnifiche collezioni divenne uno dei luoghi di studio e sperimentazione per Winkelmann come lo furono le antichità Montalto a Villa Negroni la più grande villa rinascimentale romana ora completamente scomparsa.
Ma il lavoro più interessante Winkelmann lo svolse al Museo dei Papi.
Ovviamente a metà del ‘700 i Musei erano ben altra cosa da quelli che vediamo oggi, e una parte consistente delle collezioni pontificie si sono arricchite, negli anni successivi alla morte dello studioso, con molte delle opere che egli osservò nelle raccolte nobiliari romane e alle quali dedicò le sue attenzioni.