Ecco il testo integrale della lettera:
Lettera aperta al Santo Padre e a tutti i monaci, eremiti e associazioni, fraternite monastiche.
Santità, Reverendissimi Padri, stimati fratelli e sorelle nella vita monastica,
con questa lettera, desideriamo condividere alcune riflessioni sul dono prezioso della vocazione monastica, una grazia che si manifesta nella sua bellezza satura e inesauribile, ma che, per la nostra limitata comprensione umana, possiamo cogliere solo in frammenti.
La vita monastica, nelle sue molteplici forme—cenobitiche, eremitiche, associative—è una testimonianza viva e una risposta radicale alla chiamata di Cristo. Ogni carisma individuale o comunitario raccoglie una parte infinitesimale di questo dono che Dio ci elargisce gratuitamente. Tuttavia, perché possiamo accogliere pienamente la grazia che ci è stata concessa, è necessario un atto di umiltà: mettere insieme i nostri frammenti, riconoscendo che nessuno di noi possiede il tutto, ma che solo attraverso la comunione possiamo scoprire con maggiore profondità ciò che ci è stato donato.
San Benedetto ci invita nella sua 'Regola' a non anteporre nulla a Cristo (RB 72,11), un monito che guida la vita monastica verso l’unità nella diversità. Non siamo chiamati a isolarci come isole sparse, ma a riconoscerci parte di un’unica grande famiglia spirituale.
Ogni comunità monastica, ogni associazione, ogni eremita, porta un pezzo di questa bellezza integrale e contribuisce a costruire un mosaico che riflette l’immensa grazia e amore di Dio.
Siamo consapevoli delle sfide che oggi affronta il monachesimo, soprattutto nelle società occidentali: i monasteri che si svuotano, le vocazioni che diminuiscono, la percezione frammentata di una bellezza che sembra spezzata. Ci interroghiamo se Dio abbia smesso di chiamare, o se sia l’uomo, sopraffatto dalla mondanità e dall’effimero, a non riuscire più ad ascoltare.
Eppure, crediamo fermamente che Dio non si trasferisca, che il Suo patto non sia stato mai revocato (cfr. Rm 11,29). Questa convinzione ci spinge a vedere nella frammentazione non una fine, ma una nuova opportunità per unire ciò che sembra disperso e rendere più visibile la bellezza del dono di Dio.
Come ha sottolineato il nostro Papa Francesco, non vogliamo un monachesimo rigido e triste, con il "volto dell’aceto", ma un monachesimo che risplenda di gioia, aperto al dialogo e capace di abitare la storia senza esserne travolto. Non dobbiamo abbattere le mura dei monasteri, ma renderle luoghi vivi, porte aperte alla comunità, luoghi di accoglienza e speranza. La vocazione monastica, lungi dall'essere un’eredità del passato, è un cuore pulsante della Chiesa, un dono per l’umanità che si rinnova in ogni epoca.
Riunire i frammenti non significa uniformare o cancellare le differenze, ma valorizzare i carismi di ciascuno in una comunione armoniosa. Come cellule di un unico cuore, possiamo battere insieme e offrire questo cuore rinnovato al Santo Padre e al servizio della Chiesa universale. Non proponiamo un monachesimo chiuso e autoreferenziale, né un sincretismo spirituale che perde la sua identità, ma una realtà capace di integrare le sue diversità in un’unica grande famiglia monastica.
Concludiamo con un’immagine: come il profeta Giona, rigettati dal ventre del pesce, siamo chiamati a rinascere (cfr. Gna 2,1-10), a riprendere con rinnovata forza il nostro cammino di vocazione. Insieme, possiamo ricostruire una bellezza che non sia più spezzata, ma integra, autentica e luminosa. Affidiamo queste riflessioni al cuore del Santo Padre e alla preghiera di tutti i monaci, eremiti e associazioni monastiche, con la certezza che il monachesimo continuerà a essere un segno visibile dell’amore di Dio nel mondo.
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Uniti nella preghiera,
I monaci di Vidalenzo
Anno Giubilare 2025