Città del Vaticano , venerdì, 14. febbraio, 2020 9:00 (ACI Stampa).
I temi in agenda sono molti: dall’impegno “verde” a quello per i cristiani perseguitati, fino al Congresso Eucaristico Internazionale che si celebra il prossimo settembre, in occasione del quale tutti sperano – perché no? – in una visita di Papa Francesco. Tuttavia, Janos Ader, presidente di Ungheria, celebra con la visita dal Papa anche un anniversario importante: i 30 anni dei rapporti diplomatici tra Ungheria e Santa Sede.
Trenta anni di ripristinate relazioni, dopo che l’Ungheria aveva vissuto per anni nel blocco comunista, isolata, e la Santa Sede era costretta a fare un accordo per la nomina dei vescovi con il governo, mentre si discuteva e bocciava l’ipotesi di costituire una Chiesa clandestina.
L’accordo tra Ungheria e Santa Sede per ristabilire le relazioni diplomatiche venne firmato il 9 febbraio 1990, dal Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato vaticano, e dal Primo Ministro Miklos Nemeth. L’8 febbraio, il Cardinale Casaroli, insieme al Cardinale Laszlo Paskai, primate di Ungheria, offrirono una Messa in suffragio del Cardinale Josedf Mindszenty, che morì in esilio dopo essere stato incarcerato, interrogato ed aver infine trovato rifugio presso l’ambasciata statunitense a Budapest.
La firma dell’accordo ristabiliva le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Ungheria, con un nunzio a Budapest a un ambasciatore presso la Santa Sede a prendersene cura. Lo stesso accordo prendeva atto che “le questioni riguardanti la Chiesa sono ora regolate sia dal nuovo Codice di Diritto Canonico sia dalle norme della nuova legge sulla libertà di coscienza e di religione sulle Chiese”.
In più, si dichiaravano superate e abrogate le intese del 1964. All’accordo del 1964 si era arrivati attraverso un percorso lungo e doloroso per la Chiesa cattolica. Nel 1951 viene fondato l’ufficio per gli Affari Ecclesiastici, che combatteva la Chiesa con mezzi amministrativi. Nel 1959, viene evacuato il seminario di Budapest Quindi, l’accordo, chiamato “accordo parziale tra Stato e Chiesa per la nomina dei vescovi delle sedi vacanti e per la riabilitazione dei rapporti con la Chiesa universale”.