Le questioni controverse
Un tema del “Sinodo dei media” è quello che riguardava la pastorale delle persone LGBT. Il termine LGBT non c’è nel testo, mentre la questione della cosiddetta identità di genere entra nelle questioni controverse, così come quella del fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale. Questioni che “risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove”.
Allora si devono – si legge nel testo – “investire le energie migliori” in questi temi, “senza cedere a giudizi semplificatori che feriscono le persone e il Corpo della Chiesa”, considerando che “molte indicazioni sono già offerte dal magistero e attendono di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate”.
Tra le proposte, quella di “promuovere iniziative che consentano un discernimento condiviso su questioni dottrinali, pastorali ed etiche che sono controverse, alla luce della Parola di Dio, dell’insegnamento della Chiesa, della riflessione teologica e, valorizzando l’esperienza sinodale”. E questo “può essere realizzato attraverso approfondimenti tra esperti di diverse competenze e provenienze in un contesto istituzionale che tuteli la riservatezza del dibattito e promuova la schiettezza del confronto, dando spazio, quando appropriato, anche alla voce delle persone direttamente toccate dalle controversie menzionate”. È un percorso da avviare in vista della prossima sessione sinodale.
Alcune proposte
Per ora, serve prima di tutto dare uno sguardo generale al testo. Tra le proposte più interessanti, quella, nella parte dedicata all’ecumenismo, di “di istituire un Consiglio dei Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali cattoliche presso il Santo Padre”, e persino di dedicare “un Sinodo speciale dedicato alle Chiese orientali cattoliche, alla loro identità e missione”, mentre si pensa di stabilire una commissione congiunta di teologi, storici e canonisti orientali ee latini”, e di ampliare il numero di membri delle Chiese orientali nei dicasteri vaticani.
Altro tema, quello di rivedere le mutuae relationes tra i rapporti tra vescovi e religiosi nella Chiesa, quello di rendere obbligatorio il Consiglio Episcopale, e il Consiglio pastorale diocesano o eparchiale, cosa che in fondo si trovava anche nel documento della Commissione Teologica Internazionale sulla sinodalità del 2018.
Il documento di sintesi chiede anche di “avviare una verifica dei criteri di selezione dei candidati all’episcopato, equilibrando l’autorità del Nunzio apostolico con la partecipazione della Conferenza Episcopale. Si richiede anche di ampliare la consultazione del Popolo di Dio, ascoltando un maggior numero di laici e laiche, consacrate e consacrati e avendo cura di evitare pressioni inopportune”. È una proposta che, in fondo, cambia poco quello che già succede, laddove il nunzio avvia ampie consultazioni di fronte i candidati.
E ancora, si propone si rafforzare province ecclesiastiche e metropolie, di dare attuazione all’esercizio della sinodalità fino a suggerire la creazione di province ecclesiastiche internazionali, e fino alla richiesta di elaborare “una configurazione canonica delle Assemblee continentali che, nel rispetto della peculiarità di ogni continente, tenga nel dovuto conto la partecipazione delle Conferenze Episcopali e quella delle Chiese, con propri delega8 che rendano presente la varietà del Popolo fedele di Dio” .
I temi in gioco
Il documento ha un’ampia introduzione che vuole mostrare come il cammino, iniziato due anni fa, si sta “svolgendo alla luce del magistero conciliare”. Ma sottolinea anche che “senza sottostimare il valore della democrazia rappresentativa, Papa Francesco risponde alla preoccupazione di alcuni che il Sinodo possa diventare un organo di deliberazione a maggioranza privo del suo carattere ecclesiale e spirituale, mettendo a rischio la natura gerarchica della Chiesa”.
Il testo è abbastanza onesto da mettere in luce che “alcuni temono di essere costretti a cambiare; altri temono che non cambierà nulla e che ci sarà troppo poco coraggio per muoversi al ritmo della Tradizione vivente”.
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Ancora, il testo ammette che “il rinnovamento della comunità cristiana è possibile solo riconoscendo il primato della grazia. Se manca la profondità spirituale, la sinodalità rimane un rinnovamento di facciata” e quindi “ciò a cui siamo chiamati, però, non è solo tradurre in processi comunitari un’esperienza spirituale maturata altrove, ma più profondamente sperimentare come le relazioni fraterne siano luogo e forma di un autentico incontro con Dio”.
Non solo: la celebrazione dell’eucarestia è fondamentale, il battesimo non può essere compreso in modo isolato, né individualistico, la Confermazione deve essere approfondita anche alla luce della sinodalità, e si nota che “sotto il profilo teologico pastorale è importante proseguire la ricerca sul modo in cui la logica catecumenale può illuminare altri percorsi pastorali, come quello della preparazione al matrimonio, o l’accompagnamento a scelte di impegno professionale e sociale, o la stessa formazione al ministero ordinato, in cui tutta la comunità ecclesiale deve essere coinvolta”.
I poveri sono “protagonisti del cammino della Chiesa”, e si mette in luce la necessità di evitare il rischio di considerare i poveri come “oggetti della carità della Chiesa”.
Importante la richiesta di approfondire la Dottrina Sociale della Chiesa, una “risorsa troppo poco conosciuta, su cui tornare a investire”.
Entrano nel testo anche le sfide di oggi, i movimenti migratori di persone che portano “le ferite dello sradicamento, della guerra e della violenza, diventano una fonte di rinnovamento e arricchimento per le comunità che li accolgono e un’occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane”. Ma anche la polarizzazione e la sfiducia, che colpisce la Chiesa anche nel suo interno, e dunque il documento chiede di riconoscere le cause di questo fenomeno “attraverso il dialogo e intraprendere processi coraggiosi di rivitalizzazione della comunione e di riconciliazione per superarle”, e dare rinnovata attenzione ai linguaggi.
Decentramento e nuovi ministeri