“La povertà che si è prodotta lungo la storia ha ingenerato rapporti di sottomissione, di violenza politica e istituzionale, aumento del consumo di alcool e di droghe – sia nelle città che nelle comunità rurali – e rappresenta una ferita profonda inferta ai diversi popoli amazzonici”.
C’è poi la questione indigena, circa tre milioni di persone, che rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti. “Ognuno di questi popoli rappresenta un’identità culturale particolare, una ricchezza storica specifica e un modo peculiare di guardare la realtà e ciò che li circonda, nonché di rapportarsi con tutto questo a partire da una visione del mondo e da un’appartenenza territoriale specifiche”.
In tutto questo la presenza della Chiesa cattolica si lega dapprima allo “scenario dell’occupazione coloniale della Spagna e del Portogallo” ma già nel XX secolo San Pio X, scrive la Lettera Enciclica Lacrimabili Statu, e con il Concilio Vaticano II queste voci si rafforzano.
Il documento mette in luce l’offesa scandalosa dei «nuovi colonialismi» che mettono a repentaglio il destino dell’ uomo.
Va conservato quel “buon vivere” che “esiste quando si vive in comunione con gli altri, con il mondo, con gli esseri circostanti e con il Creatore” anche grazie alla famiglia che Francesco ha ricordato “è sempre stata l’istituzione sociale che più ha contribuito a mantenere vive le nostre culture. In momenti passati di crisi, di fronte ai diversi imperialismi, la famiglia dei popoli originari è stata la migliore difesa della vita”.
Nella seconda parte il documento propone le basi bibliche del rispetto della creazione: “La provvidenza del Padre e la bontà della creazione raggiungono il loro culmine nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, che si fa vicino e stringe in un abbraccio tutte le situazioni umane, ma soprattutto quelle dei più poveri”. Esista poi un dimensione ecologica e in Amazzonia la “ecologia integrale è una chiave per rispondere alla sfida di tutelare l’immensa ricchezza della sua biodiversità ambientale e culturale”. Serve una conversione ecologica e “soltanto quando saremo coscienti di come il nostro stile di vita e il nostro modo di produrre, commerciare, consumare e scartare influenzano la vita del nostro ambiente e delle nostre società, allora potremo avviare un cambiamento di rotta integrale”.
Inoltre “la Chiesa riconosce la forte ipoteca e il potere del peccato, soprattutto nella distruzione sociale e ambientale, essa non si scoraggia nel suo camminare insieme al popolo amazzonico e, sostenuta dalla grazia di Cristo, si impegna a superare la fonte del peccato. Uno sguardo ecclesiale contemplativo e una pratica sacramentale coerente sono le chiavi per l’evangelizzazione dell’Amazzonia”. Da ricordare anche l’approccio missionario in Amazzonia che “richiede più che mai un magistero ecclesiale esercitato nell’ascolto dello Spirito Santo, che sia in grado di assicurare tanto l’unità quanto la diversità. Quest’unità nella diversità, seguendo la tradizione della Chiesa, è attraversata strutturalmente dal cosiddetto sensus fidei del Popolo di Dio”.
Quali allora i cammini da percorrere? Il fine è “far crescere il volto amazzonico della Chiesa” e “rispondere alle situazioni di ingiustizia della regione, come il neocolonialismo delle industrie estrattive, i progetti infrastrutturali che danneggiano la biodiversità e l’imposizione di modelli culturali ed economici estranei alla vita dei popoli”. Il testo da delle indicazioni: “Bisogna superare la miopia, la frettolosità e le soluzioni di corto raggio. È necessario mantenere una prospettiva globale e andare oltre gli interessi propri o particolari, per poter condividere ed essere responsabili di un progetto comune e globale” e ancora “si deve praticare la solidarietà globale e superare l’individualismo, dischiudere cammini nuovi di libertà, verità e bellezza.
La conversione domanda di liberarci dall’ossessione del consumo. Comprare è un atto morale, non solo economico. La conversione ecologica significa assumere la mistica dell’interconnessione e dell’interdipendenza di tutto il creato. La gratuità non può che imporsi nei nostri comportamenti quando comprendiamo che la vita è dono di Dio. Abbracciare la vita in solidarietà comunitaria esige un cambiamento del cuore”.
Ecco perché “la Chiesa dal volto amazzonico deve riscoprire la “presenza più capillare e incarnata, c’è bisogno di stabilire una gerarchia delle urgenze in Amazzonia”.
Ad esempio “C’è bisogno di una spiritualità di comunione fra i missionari autoctoni e quelli che vengono da fuori, per imparare insieme ad accompagnare le persone, ascoltando le loro storie, partecipando ai loro progetti di vita, condividendo la loro spiritualità e facendo proprie le loro lotte” e “Per fare questo è necessario assicurare una presenza stabile e conoscere la lingua autoctona, la cultura e l’esperienza spirituale di quei popoli. Soltanto così la Chiesa potrà rendere presente tra di essi la vita di Cristo”.
A concludere il documento è il Questionario con domande come: “Quale Chiesa sogniamo per l’Amazzonia?” e “Quali sono i servizi e i ministeri dal volto amazzonico che Lei ritiene dovrebbero essere creati e promossi?”.
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