Roma , giovedì, 4. luglio, 2019 14:00 (ACI Stampa).
Proseguiamo il nostro colloquio con la sindonologa Emanuela Marinelli che ci illustra come si è arrivati alla certezza che la datazione con il metodo del radiocarbonio sulla Sindone del 1988 è falsata.
Un mese fa a Catania una conferenza ha messo in luce che è tutto da rifare. Quali sono le novità?
I laboratori che datarono la Sindone nel 1988 con il metodo del radiocarbonio hanno prodotto risultati differenti, non riconducibili allo stesso fenomeno. Il loro articolo fu pubblicato su Nature il 16 febbraio 1989. La documentazione rilasciata dal British Museum nel 2017 al Dott. Tristan Casabianca dipinge un quadro molto più complesso di quanto presentato nell’articolo su Nature: per es. Arizona realizzò otto misurazioni e queste misurazioni grezze mostrano eterogeneità.
L’analisi statistica dei dati grezzi, eseguita dal gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Benedetto Torrisi, docente di Statistica all’Università di Catania, con il Dott. Giuseppe Pernagallo, il Dott. Tristan Casabianca e la sottoscritta, pubblicata su Archaeometry, rivista dell’Università di Oxford, il 22 marzo di quest’anno (Radiocarbon dating of the Turin Shroud: new evidence from raw data), conferma in modo inequivocabile la disomogeneità dei conteggi del 14C usati per la datazione, probabilmente a causa di un contaminante non rimosso dalle operazioni di pulizia preliminari, un problema difficile da risolvere nella radio-datazione dei tessuti, oggi ben conosciuto e che non era considerato abbastanza importante nel 1988, come ha confermato anche il Prof. Paolo Di Lazzaro, fisico dell’ENEA di Frascati. Il campione analizzato, scelto da un unico punto molto inquinato e che è stato rammendato, a causa delle sue peculiari caratteristiche non rappresentava l'intero lenzuolo. Torrisi e Pernagallo hanno sottolineato che le forti disomogeneità tra i tre laboratori e all’interno dei laboratori sono campanelli d’allarme che confermano la non rappresentatività statistica dei frammenti di tessuto utilizzati nella campionatura.
Già nel 2012 i test statistici condotti dal Prof. Marco Riani, statistico dell’università di Parma, sui dati pubblicati da Nature rivelavano che le datazioni fornite dai tre diversi laboratori erano significativamente diverse.