Le Chiese ortodosse in Europa
Di questa particolare situazione europea ha parlato padre Hyacinthe Destivelle, officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intervenendo a Strasburgo all’incontro che ha celebrato i cinquanta anni della partecipazione della Santa Sede al Consiglio d’Europa. L’incontro ha avuto luogo tra il 7 gennaio e ha visto anche la partecipazione dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher.
Padre Destivelle è andato ad analizzare soprattutto l’apporto delle Chiese ortodosse in Europa, diventato cruciale dopo la caduta della Cortina di Ferro. “Basta ricordare – ha detto – che dopo il 1989 dieci paesi maggioranza ortodossa hanno aderito al Consiglio d’Europa: la Bulgaria, la Romania, l’Ucraina, la Moldavia, la Macedonia del Nord, la Russia, la Georgia, l’Armenia, la Serbia e il Montenegro”. Queste si sono aggiunte a Grecia e Cipro, che erano fino ad allora le due sole Chiese ortodosse membro di quell’istituzione.
Insomma, la caduta della Cortina di Ferro ha “permesso di prendere una rinnovata coscienza che l’ortodossia è una realtà essenzialmente europea”. Sebbene l’ortodossia non rappresenti che l’8 per cento dei cittadini Europea, la pratica religiosa è molto elevata, testimoniata anche dal “rinnovamento spettacolare ma fragile delle Chiese ortodosse in Europa”.
Un rinnovamento che si è rispecchiato – nota padre Destivelle – in un forte nazionalismo da parte di quelle Chiese in nazioni sotto l’Unione Sovietica (l’85 per cento degli ortodossi del mondo, in periodo di Cortina di Ferro, era nel blocco sovietico), e questo ha portato alla costruzione di grandi cattedrali ortodosse ovunque: quella di Cristo Salvatore a Mosca nel 2000, quella della Santa Trinità a Tbilisi nel 2004, quella della Resurrezione di Cristo a Podgorica nel 2013, quella della Resurrezione di Cristo a Tirana nel 2014, quella di San Sava a Belgrado nel 2019 e quella della Redenzione Nazionale a Bucarest nel 2018, la più grande al mondo, la cui costruzione è cominciata grazie a una donazione di Giovanni Paolo II.
Non solo. Dopo la caduta del Muro di Berlino, le Chiese ortodosse sono cresciute. Padre Destivelle ha messo in luce, numeri alla Mano, che la Russia ha più che triplicato il numero di diocesi, quintuplicato quelle delle parrocchie, moltiplicato a dismisura ai monasteri, mentre trend di crescita considerevoli si sono visti anche in Georgia, favoriti dal fatto che la Chiesa ortodossa è considerata Chiesa nazionale, ma anche in Albania, dove il regime ateo aveva messo da parte ogni religiosità.
Con la spinta nazionalista, sono nate anche le spinte per altre Chiese autocefale, di cui la questione ucraina è solo l’ultimo caso. Ci sono state spinte per Chiese autocefale in Estonia, Lettonia, Moldavia, nell’esarcato di Bielorussia, e oggi in Montenegro, che la Serbia considera sua territorio canonico.
Sono tensioni all’interno dell’ortodossia, cui poi si sono aggiunte le tensioni tra le Chiese ortodosse e quelle cattoliche di rito bizantino, anch’esse uscite dalle catacombe, che hanno rivendicato la restituzione di beni e parrocchie che erano state incamerate dalle Chiese ortodosse. È successo in Russia, dove il Patriarcato di Mosca ha persino accusato i cattolici di proselitismo, ma anche in Romania.
Sono tensioni che si sono poi riversate anche in una crisi ecumenica, perché a seguito di queste alcune chiese ortodosse dell’Est hanno lasciato i tavoli di confronto ecumenico: la Chiesa ortodossa di Georgia ha lasciato nel 1997 il Consiglio Ecumenico delle Chiese e la Conferenza delle Chiese Europee, e lo stesso ha fatto la Chiesa ortodossa bulgara nel 1998 e nel 1999, mentre sono stati fondati consigli ecumenici in Repubblica Ceca e Slovacchia nel 1993, in Slovenia nel 1995, mentre in Russia fu messo in atto un “Comitato consultivo interconfessionale cristiano dei Paesi della Comunità di Stati indipendenti”. Nel 1997, fu istituito in Bosnia un Consiglio interreligioso, nel 2005 un Consiglio delle Religioni presso il Mediatore Civile di Georgia.
Tensioni che fanno concludere a padre Destivelle che “il lavoro più urgente concerne la purificazione della memoria”. E dunque non si possono che vedere con favore la riconciliazione tra Patriarcato di Mosca e Chiesa di Polonia portata avanti nel 2012, ma anche – sottolinea l’officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani – la commissione mista ortodossa cattolica sulla figura del Beato Aloizije Stepinac.
Altro tema, quello dell’ecumenismo pratico, dato, appunto, anche dall’accoglienza. È successo tra le Chiese di Albania nel 1999-2001 durante la guerra in Kosovo per dare accoglienza ai rifugiati, succede anche oggi in Ucraina con una onlus che mette insieme tutte le Chiese cristiane e le altre confessioni religiose per aiutare le vittime della guerra, non menzionato da padre Destivelle.
Ma sono anche molti altri i campi delle collaborazioni pratiche, anche quella della difesa dei valori cristiani di fronte alle colonizzazioni ideologiche – come le chiamerebbe Papa Francesco – dell’Europa. Un esempio è “la decisione del 2012 della Commissione Europea di obbligare la Slovacchia a rimuovere l’aureola dei Santi Cirillo e Metodio sulle monete da 2 euro, coniate in occasione del 1150 anniversario dell’arrivo dei due missionari, “ha creato indignazione nei Paesi in cui coscienza e pratica cristiana restano forti”. È questo il tema dell’ecumenismo dei valori, un altro campo di collaborazione nel campo ecumenico, conclude padre Destivelle.
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Il dialogo con le Chiese cristiane sulla ecclesiologia
Fin qui, padre Destivelle. Ma quali sono le attività ecumeniche dell’anno? Il tema dell’ecclesiologia è stato particolarmente importante. Quest’anno, è stato pubblicato il commento documento “La Chiesa: verso una visione comune”, pubblicato nel 2013 dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Don Andrzej Chormanski, officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha spiegato che il documento non riguarda una nuova “ecclesiologia ecumenica” che punta a sostituire le “ecclesiologie confessionali esistente”, e che per questo si è redatta una risposta cattolica, in quindici punti, discussa anche nelle riunioni della commissione, l’ultima delle quali si è tenuta a Bossey, in Svizzera, dall’8 all’11 gennaio 2020.
Il documento “La Chiesa: verso una visione comune. Una risposta cattolica” conta 77 anni, è stato preparato a lungo, e punta a mostrare i punti di contato, più che di divisione.
Don Choromanskij nota che “un’importante convergenza è stata raggiunta per quanto riguarda la relazione tra Chiesa e mondo” e che il documento in discussione “sviluppa il carattere missionario della Chiesa, che anima l’intero documento”, insistendo sul fatto “che l’evangelizzazione, l’incontro interreligioso e il dialogo con le persone che non professano alcuna fede sono aspetti essenziali dell’attività missionaria della Chiesa”. Temi accolti favorevolmente dalla risposta cattolica.
Per quanto riguarda il tema dell’unità, la “Risposta” “afferma che può essere scoperto un profondo riavvicinamento con il pensiero ecclesiologico cattolico su questo punto”.