Roma , giovedì, 24. ottobre, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Sant’Antonio Maria Claret, del quale oggi ricorre la memoria liturgica, vuol dire soprattutto “missione”. E lo si capisce, subito, nel leggere i suoi Scritti, copiosissimi: si contano circa 150 titoli tra opuscoli e libri, circa 1.700 lettere e ben 18 volumi di manoscritti (appunti, schemi di sermoni, pensieri, suggerimenti, esortazioni). Pagine e pagine che raccontano del dono della fede, ma che soprattutto fanno riferimento proprio alla missione pastorale che il vescovo spagnolo portò avanti.
Basterebbe leggere una lettera - datata 20 agosto 1861 - indirizzata a padre Giuseppe Xifré, uno dei cofondatori, assieme al santo, della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, i cui membri sono detti anche Clarettiani: “Dica ai miei amatissimi missionari che siano animati e lavorino a ritmo pieno aspettando da Gesù e da Maria la loro ricompensa. Io amo tanto i sacerdoti missionari che darei per loro il mio sangue e la mia vita, laverei e bacerei loro mille volte i loro piedi, mi toglierei il boccone di bocca per sostentarli. Li amo tanto che impazzisco e non so cosa vorrei fare per loro. Se penso che il loro lavoro è tutto teso a far conoscere ed amare Dio, a salvare gli uomini dalla morte, non posso descrivere quello che mi succede in cuore”.
E ancora, in un altro scritto, redige l’identikit del missionario: “Chi è zelante, brama e compie cose sublimi e lavora perché Dio sia sempre più conosciuto, amato e servito in questa e nell’altra vita. Questo santo amore, infatti, non ha fine. La stessa cosa fa con il prossimo. Desidera e procura sollecitamente che tutti siano contenti su questa terra e felici e beati nella patria celeste; che tutti si salvino, che nessuno si perda per l'eternità, né offenda Dio e resti, sia pure un istante, nel peccato”.