Città del Vaticano , venerdì, 3. novembre, 2017 18:00 (ACI Stampa).
Molto più di una celebrazione. Per Taiwan, i 75 anni di relazioni diplomatiche festeggiate con la Santa Sede, in un convegno presso la Pontificia Università Urbaniana il 10 di ottobre e qualche settimana dopo a Taipei, rappresentano anche la certificazione di un collegamento che è destinato a rimanere. Almeno per ora.
Nell’ambito delle trattative tra Repubblica Popolare di Cina e Santa Sede, infatti, l’ostacolo opposto per le relazioni diplomatiche è sempre uno: le relazioni che la Santa Sede continua ad intrattenerne con Taipei, parte di un ristretto gruppo di venti Stati al mondo. Mentre si trattava sulla questione della nomina dei vescovi, con l’idea di dare a Pechino la possibilità di mostrare una preferenza, si parlava anche di possibili relazioni diplomatiche da aprire, in vista di un sognato viaggio del Papa in Cina.
E allora, si era anche fatta ventilare l’ipotesi di lasciare la nunziatura di Cina a Taipei, da sostituire con un centro diplomatico “leggero” a Pechino, e questa ipotesi veniva anche dal fatto che Fitzpatrick Russell, lo chargée d’affairs che guidava la nunziatura – da quando Taiwan non è riconosciuto a livello internazionale non c’è un nunzio a guidare la delegazione della Santa Sede – era stato nominato nunzio in Turchia, e il successore non era stato ufficialmente nominato. Ma c’era.
E in più, le trattative sulle nomine dei vescovi venivano rallentate dalla pretesa del governo di Pechino che tutti i vescovi illegittimi fossero regolarizzati, mentre lo stesso governo di Pechino metteva in luce la necessità di “sinizzare le religioni”, in una dialettica che anche il nuovo vescovo di Hong Kong, Michael Yeung, non ha mancato di notare.
Insomma, mentre si allontana un accordo sui vescovi che sembrava imminente, resta congelata anche l’idea di nuovi rapporti diplomatici, e Taiwan può ben sperare di mantenere con la Santa Sede un rapporto privilegiato.