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Santa Sede e governatorato, pubblicati i bilanci 2014

Basilica Vaticana | Vista della Basilica Vaticana dal North American College  | Alan Holdren / Catholic News Agency Basilica Vaticana | Vista della Basilica Vaticana dal North American College | Alan Holdren / Catholic News Agency

“Richiederà probabilmente qualche anno” il passaggio a procedure contabili secondo gli Standard IPSAS (International Public Sectors Accounting Standards). Al di là del dato tecnico, le cifre del bilancio consolidato di Santa Sede e Stato di Città del Vaticano pubblicato il 16 luglio 2015 e riferentisi all’anno 2014, raccontano di un mondo economico vaticano in transizione, ma che comunque continua a mantenere i suoi standard di entrate e uscite. Con passivi in linea con quelli dello scorso anno ed attivi che seguono la tendenza consueta.

In particolare, la Santa Sede è in passivo per “25.621 migliaia di euro,” un dato che è – si legge nel comunicato della Sala Stampa vaticana – “molto vicino al deficit di 24.471 migliaia di euro registrato nel 2013.” Mentre il Bilancio 2014 del Governatorato evidenzia un avanzo di 63.519 migliaia di euro, quasi il doppio rispetto al 2013 (quando l’avanzo era di 33.042 migliaia di euro), un attivo dovuto soprattutto all’attività dei Musei vaticani, che da sempre rappresentano un bacino di liquidi per la Santa Sede. A queste – spiega il comunicato – si aggiungono “investimenti favorevoli.”

Quali siano questi investimenti, non è dato sapere. Tra l’altro, è ancora da comprendere quando e come entrerà in funzione il Vatican Asset Management, ovvero quel ramo delle istituzioni economiche vaticane destinato a gestirne portafogli e investimenti.

Intanto, alcune note sulla riforma economica vaticana si possono dedurre dalla lettura del comunicato del Bilancio. Santa Sede e Governatorato mantengono due bilanci separati, come sempre, mentre si era pensato persino di accorparli, e c’erano anche – si racconta – degli studi giuridici in corso sulla possibilità di accorpare i due enti. E poi, la Prefettura degli Affari Economici continua a lavorare, e ha “preparato” i bilanci, mantenendo i vecchi criteri contabili e del “precedente perimetro di consolidamento,” vale a dire basandosi sulle entità che prima erano incluse nel bilancio. Ieri c’erano 64 enti, oggi vengono considerati nel bilancio consolidato 136 enti.

Forse è per questo che – sottolinea il comunicato – se per il bilancio della Santa Sede nel 2013 fossero stati applicati “gli stessi trattamenti contabili utilizzati per il 2014, il deficit 2013 sarebbe stato di 37209 migliaia di euro.” E questo permette alla Santa Sede di esultare perché i miglioramenti sono dovuti “in gran parte ai favorevoli investimenti condotti dalla Santa Sede.”

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Investimenti, si ripete, tutti da decifrare. La Segreteria per l’Economia sta piano piano mettendo su la sua struttura, si pensava che la Prefettura degli Affari Economici sarebbe stata “assorbita” dal nuovo, grande dicastero, ma il processo sembra ancora lento, se non altro perché per un periodo si devono mantenere due diversi metodi di contabilità: la transizione sarà lunga. Si attende il Vatican Asset Management, e si attendono anche gli effetti della riforma delle pensioni, tanto che “la situazione patrimoniale del Fondo Pensioni non trova riflesso nel bilancio,” ma comunque “nel Bilancio stesso è stato riportato che al nuovo consiglio del Fondo Pensioni sarà richiesto di preparare un aggiornamento sulla situazione.”

In questo processo di ristrutturazione, è stato inserita anche la figura del revisore generale del Vaticano, Libero Milone, un manager con esperienze internazionali che ha lasciato in qualche modo tutti contenti.

Di certo la riforma viene portato avanti con un consistente apporto interno, tanto che – secondo un dato diffuso internamente – il 60 per cento di coloro che lavorano nella Segreteria per l’Economia e delineano forme e criteri della grande riforma dell’economia vaticana provengono da istituzioni interne, e non sono esperti assunti dall’esterno.

Il capitolo dei dipendenti è un punto dolente, dato che tutte quante le (costose) consulenze esterne assunte dalla Santa Sede dall’avvento di Papa Francesco hanno individuato nel personale uno dei costi da tagliare. Secondo il bilancio consolidato, gravano sul bilancio della Santa Sede 2880 dipendenti, mentre il governatorato dà impiego a 1930 unità.

Tra i nuovi criteri di bilancio c’è quello della presentazione di un piano di spese preventivo – e infatti sono stati presentati il budget 2015 degli enti, secondo le nuove politiche di Financial Management che il Papa ha approvato lo scorso anno - nonché una maggiore accuratezza nel definire entrate e uscite, che “è stata chiesta ai responsabili” anche nella stesura di questo bilancio, seppur stilato con i criteri del passato.

Ancora, passaggi burocratici. “Per includere tutte le attività e passività nei saldi di fine anno e prepararsi per le nuove politiche, è stato necessario effettuare una serie di scritture contabili, che rendono difficile il confronto diretto con i dati del 2013,” scrive il comunicato stampa. E sembra di capire che in pratica gli enti che non erano interessati dal bilancio siano poi diventati interessati dal bilancio attraverso qualche rapido cambiamento di ragione sociale. Ma è tutto nel campo delle ipotesi.

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Poi c’è il capitolo dei cosiddetti “fondi nascosti,” che furono denunciati dal Cardinal George Pell in un articolo per il Catholic Herald, e che in realtà erano i fondi di pontifici consigli e dicasteri della Curia romana che non rientravano in bilancio perché frutto di donazioni e gestiti personalmente dagli stessi dicasteri, fuori dai bilanci della Curia. “Le attività precedentemente gestite fuori bilancio ammontavano a 1114 milioni di euro, mentre la passività erano pari a 222 milioni,” si legge nel comunicato.

Ma in che modo la Santa Sede ripiana il suo deficit? In parte con il contributo dell’Istituto delle Opere di Religione (IOR) che quest’anno ammonta a 50 milioni di euro; e in parte con “i contributi fatti secondo il Codice di Diritto Canonico” che al numero 1271 stabilisce che “i vescovi, in ragione del vincolo di unità e di carità, secondo le disponibilità della propria diocesi, contribuiscono a procurare i mezzi di cui la Sede Apostolica secondo le condizioni dei tempi necessita, per essere in grado di prestare in modo appropriato il suo servizio alla Chiesa universale.”

 

Intanto, si guarda al futuro. Il Consiglio per l’Economia (una sorta di ‘ministero delle Finanze’) “a fine maggio scorso ha ricevuto una proposta di budget dettagliata redatta dalla Segreteria,” la quale “evidenziava le attività pianificate, nonché le entrate e le spese previste per il 2015, e includeva raccomandazioni specifiche per ciascuno dei 136 enti che figurano nell’elenco, come approvato dal Santo Padre, che sono soggetti al Controllo e alla vigilanza del Consiglio e della Segreteria.”

 

Secondo questo piano, i deficit continueranno anche nel 2015, ma perlomeno i prossimi budget saranno più vicini agli standard internazionali che si sta cercando di soddisfare. “A partire dal 2015 – conclude il comunicato – il bilancio consolidato della Santa Sede includerà le nuove pratiche ed i nuovi enti, come richiesto nel quadro delle nuove politiche di financial management e delle norme IPSAS.”