E' libero docente di Chimica biologica, Semeiotica medica ed altre discipline. Ma tra l'insegnamento e la professione, in favore dei poveri, opta per la seconda. Sarà docente per tutto il resto dell'esistenza per i molti che, apprenderanno da lui non solo come si fa la professione ma come si è medici.
Non ama vantarsi, non apprezza le lodi, ed a chi si complimenta alzando lo sguardo, in alto, dice “è il Signore”. Chi lo conosce lo stima: particolarmente competente ma soprattutto buono.
Si alza tutte le mattine, prestissimo, e va nei quartieri più poveri di Napoli a visitare non solo i malati, ma quelli più poveri fra i poveri. A loro dedica il suo tempo, le sue energie, il suo stipendio.
E' misericordioso e sa come sbloccare le situazioni, nelle quali il dolore vuole segnare il punto, arrivando prima. Del suo modo di fare, eccezionale, si raccontano molti episodi.
Visitando un ferroviere a Torre del Greco, non solo rifiuta l'onorario, ma dà i soldi per le medicine.
In Ospedale è il primo ad entrare e l'ultimo ad uscire.
Ai suoi degenti chiedeva una sola cosa: la confessione e la comunione eucaristica. Anzi ad un paziente, sulla ricetta scrisse, Cura eucaristica cioè comunicarsi per sette giorni. Il paziente guarì.
Una volta, mise sotto il cuscino di un malato una busta, con il denaro, necessario per acquistare quanto occorreva per rimettersi ed ad un altro rifiutò il ricco compenso per la prestazione medica affermando che era troppo.
Nel 1911 una epidemia di colera colpì la città di Napoli: Moscati fu tra i primi ad offrirsi presso l'Ispettorato di Sanità contribuendo in maniera efficace, alla cura dei malati .
Un indigente lo aspettava tutti i giorni sulla strada per l'Ospedale e lui gli offriva la colazione. Di questi fatti è piena la sua vita.
E' devotissimo della Madonna del Rosario di Pompei e di Santa Teresa di Gesù Bambino di cui conserva un'immagine nella sua stanza.
Non conobbe riposo, se non quello della recita quotidiana del rosario che portava sempre con se.
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Intese tutta la sua esistenza come un sacerdozio. A chi gli chiedeva come mai non avesse scelto quella strada, rispondeva di poter servire il Signore come medico. E di questo nessuno osava dubitarne.
Visse con la sorella in un appartamento, a pochi passi, dalla chiesa del Gesù nuovo e di Santa Chiara e tutte le mattine assisteva alla Santa messa, servendola.
Aveva molti doni tra cui quello della preveggenza, che turbò l'umile considerazione che aveva di se.
Celibe, povero e modesto considerò la sua professione un dono per gli altri, innamorato solo di quell'Assoluto che dà la vita e così visse.
Dopo aver visitato i molti che, giornalmente, si accalcavano alla porta del suo studio, spirò, il 12 aprile 1927. Aveva 47 anni.
Il suo corpo riposa nella chiesa del Gesù nuovo, a Napoli, presso la cappella dedicata a San Francesco Saverio.