Il Papa polacco incoraggiò: “Possa il perdono, garantito e ottenuto, essere balsamo benefico per ogni cuore”.
Prosegue la dichiarazione: “Oggi, ascoltando attentamente alla voce di questi grandi testimoni di speranza, verità, amore e riconciliazione, vogliamo costruire il nostro futuro e fare passi che portino le nostre comunità ad essere più vicini”.
I passi sono incontri di preghiera, celebrazioni in rito latino e bizantino, pellegrinaggi congiunti a santuari importanti per entrambe le Chiese, simposi, iniziative congiunte. Il tutto per “approfondire la conoscenza della nostra tradizione e della nostra storia, specialmente tra le generazioni più giovani”.
Quindi, il testo presenta l’auspicio di avere ufficialmente come patrono Giovanni Paolo II. La prossima plenaria dei vescovi polacchi ad ottobre metterà ai voti la possibilità, che sarà poi sottomessa alla Santa Sede.
La dichiarazione prendeva le mosse dai padri della riconciliazione ucraino – polacca, il Cardinale Husar, il Cardinale Jozef Glemp, l’arcivescovo Jozef Michalik e il cardinale Miroslaw Lubaczinsky. Ma un ruolo particolarmente importante è stato quello di San Giovanni Paolo II.
Fu lui a promuovere la prima riunione dei rappresentanti dell’episcopato polacco e della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, che si tenne a Roma dal 7 al 17 ottobre 1987. Fu l’ultima delle grandi riconciliazione che hanno fatto seguito alla Seconda Guerra Mondiale: prima fu la riconciliazione tra francesi e tedeschi, poi quella fra tedeschi e polacchi promossa dal Cardinale Kominek, e infine quella tra Chiesa Greco Cattolica Ucraina e Chiesa Polacca.
Due gli episodi che avevano portato alla necessità di riconciliazione.
Il primo: la pulizia etnica dei polacchi operata da nazionalisti ucraini a Volyn nel 1943. I nazionalisti furono supportati dalla popolazione locale che odiava la minoranza polacca. Furono vittime del massacro anche russi, ebrei, armeni, cechi e altre minoranze nazionale.
Il secondo: l’operazione Vistola (o Wisla, come il fiume è chiamato in Polacco), vale a dire la deportazione, avvenuta nel 1947, di oltre 200 mila ucraini risiedenti nei territori dei nuovi confini sud orientali della Polonia. Obiettivo ufficiale dell’operazione, portata avanti dal governo comunista polacco con l’aiuto di Unione Sovietica e Cecoslovacca, era la soppressione dell’UPA, l’esercito insurrezionale ucraino che si era attribuito il massacro dei civili polacchi nei territori sud-orientali a partire dal 1944.
La riunione del 1987 riguardava proprio questi episodi. Fu presente la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, nonostante in diaspora dallo pseudo sinodo di Lviv, perché considerata la rappresentanza più viva della sensibilità e della storia ucraina. San Giovanni Paolo II fece tenere a Roma, nel 1981, il primo sinodo greco cattolico ucraino dai tempi dello pseudo sinodo di Lviv del 1946 che ne decretò la morte e l’assorbimento nella Chiesa ortodossa.
San Giovanni Paolo II seguì passo dopo passo il movimento di riconciliazione,. L’auspicio che il Papa polacco potesse diventare patrono della riconciliazione era già stato lanciato alla presentazione del Premio per la Riconciliazione polacco-ucraina del 2017 dall’arcivescovo maggiore Shevchuk.
Il capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina era in Polonia per la festa della Madonna di Czestochowa, e ha pregato per rafforzare la pace reciproca e le relazioni di buon vicinato tra nazioni polacca e ucraina.
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“Ciò che sta accadendo in questi giorni a Jasna Gora nelle nostre reciproche relazioni – ha detto Sua Beatitudine Shevchuk – è una grande benedizione di Dio e allo stesso tempo la realizzazione della visione profetica di San Giovanni Paolo II”.
Shevchuk ha anche ricordato i vari anniversari dell’anno: il 40esimo anniversario del primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, il 30esimo anniversario della caduta del Muro di Berlino e il 30esimo anniversario del ristabilimento della Chiesa Greco Cattolica Ucraina.
Sono eventi – ha ricordato sua Beatitudine – che dimostrano “l’intercessione miracolosa della Madre di Dio e il popolo di San Giovanni Paolo II”. Sono stati loro a “rovesciare il comunismo e rivelare a tutto il mondo il martirio di così tanti testimoni noti e sconosciuti di Cristo nell’Europa orientale. Dobbiamo a loro il risveglio della Polonia libera e della libera ucraina.
Sua Beatitudine ha poi sottolineato che “la fede comune in Gesù Cristo ci chiama alla riconciliazione, alla fratellanza e al rispetto. (…) Suscitare nazionalismo estremo e avversione sarebbe un’azione contro l’identità cristiana, sarebbe un palese anacronismo, indegno di entrambe le grandi nazioni”.