Palermo , martedì, 19. gennaio, 2021 9:00 (ACI Stampa).
L’umanità, l’amicizia e la gioia di vita di Rosario Livatino – il magistrato siciliano ucciso dalla mafia nel 1990 – passa anche attraverso i banchi di scuola, in relazione con i compagni di classe e i docenti. Una testimonianza importante che abbiamo raccolto in dialogo con il professor Giuseppe Palilla, presidente dell’associazione “Amici del giudice Rosario Livatino” e compagno di liceo del magistrato siciliano.
Chiedendogli di rientrare per un momento nella sua vecchia classe, Palilla ci regala l’immagine, cara e indelebile, di un giovane Livatino attento e gioviale, disposto a condividere con gli altri compagni di classe le competenze culturali e lo studio, rispettoso nei confronti dei docenti, con una passione per i fumetti e i film western. In questa breve sequenza di ricordi, il ritratto del “Giudice ragazzino” mantiene inalterata la coerente corrispondenza tra ciò che diceva e ciò che viveva, e quello che è diventato l’adagio più significativo della sua vita spirituale rimane un punto fermo – lapidario e profetico – per l’esistenza di ogni credente: «Quando moriremo – diceva, infatti, il beato Livatino –, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».
Quale il ricordo più nitido dell’amicizia con Rosario Livatino, compagno di classe al liceo?
I ricordi sono davvero tanti. In classe, spesso, Rosario rinunciava alla ricreazione per spiegarci Dante o Manzoni. In preparazione agli esami di maturità andavamo a casa di mia nonna e ci mettevamo sul balcone a studiare, mentre dalle altre abitazioni vicine sentivamo provenire il suono della radio che accompagnava il lavoro delle massaie. Ma quando Rosario iniziava a spiegarci l’Italiano, la Filosofia o la Fisica, improvvisamente le radio venivano spente! Rosario aveva rispetto per tutti, non ricordo mai di avergli sentito dire una sola parolaccia, anzi ci rimproverava quando qualcuno di noi usava un linguaggio inappropriato. Terminati gli anni del liceo, almeno una volta l’anno, ci incontravamo con tutti i compagni di classe, e insieme a Rosario andavamo a pranzo o a cena per ricordare i momenti lieti vissuti al liceo e per rafforzare la nostra amicizia. Una volta lo incontrai in Tribunale, era in compagnia di altri magistrati e avvocati, e io, con un po’ di imbarazzo, lo salutai: “Buon giorno signor Giudice”. Rosario mi si avvicinò dicendomi affettuosamente: “Ricordati che io sono sempre Rosario”!
Vi sarà capitato di andarlo a trovare a casa per studiare insieme?