Roma , lunedì, 31. gennaio, 2022 14:00 (ACI Stampa).
Dopo la rivolta di Budapest del 1956, il Cardinale Jozsef Mindszenty, primate di Ungheria, si rifugiò nella Legazione diplomatica degli Stati Uniti e l’intervento dei carri armati sovietici in Ungheria. E fu in quel periodo che Mindszenty divenne un eroe della Chiesa del silenzio. Non solo un eroe nazionale, ma una personalità internazionale. Eppure, già prima di tutto questo, quando Mindszenty era incarcerato, la sua storia era conosciuta. Tanto da suscitare l’interesse, nemmeno troppo passivo, di un signore molisano.
A raccontare la storia di Bruno Lallo, così si chiamava l’uomo, è stato il professor Matteo Luigi Napolitano, che insegna relazioni internazionali all’Università del Molise ed è membro della Pontificia Accademia di Scienze Storiche. L’occasione era la presentazione del libro “Il processo del Cardinale Mindszenty nella prospettiva di settanta anni”, curato dagli storici András Fejérdy e da Bernadett Wirthné Diera, pubblicato in lingua inglese della Libreria Editrice Vaticana.
Napolitano ha trovato la storia spulciando negli Archivi Vaticani, dove a un certo punto si è imbattuto nelle lettere di Bruno Lallo. Proveniente da Casacalenda, un paesino del basso Molise che oggi conta circa poco più di 2 mila abitanti, Lallo il 17 gennaio scrive a Papa Pio XII, chiedendogli di andare in Ungheria per liberare Mindszenty, che al tempo era in carcere. Lallo addirittura arriva ad offrirsi come prigioniero al posto del cardinale, facendo sapere di voler “abbracciare quei degeneri” (i comunisti) e provare a convertirli.
La lettera arrivò sul tavolo di monsignor Giovambattista Montini, al tempo sostituto della Segreteria di Stato (sarà in futuro Paolo VI) e venne valutata dalla Santa Sede. Si decise, infine, di scrivere al vescovo di Larino chiedendogli di contattare Bruno Lallo, e di distoglierlo dal suo intento, pur ringraziandolo per il suo interesse.
“L'offerta dell'autore della lettera – ha detto il professor Napolitano - sembra essere stata fatta senza alcuna conoscenza politica, ma mostra che anche i ‘cittadini comuni’ che vivevano in luoghi molto appartati erano preoccupati per le sorti del Cardinale”.