Sono stati loro conoscendo il mio interesse per lui a donarmi i primi oggetti, scritti e pubblicazioni. Poi nel 2005 ho iniziato ad espandere la raccolta che ad oggi conta più di 400 oggetti papali, 700 autografi dal 1500, poi medaglie, francobolli, 12 mila libra e 17 mila fotografie sul Vaticano. Da questo nasce l’idea di un museo, per vincolare questo materiale legarlo ad una fondazione o ad un ente che ne porti avanti le finalità. In modo che non si disperdano. L’idea è che il ricavato del Museo venga consegnato una volta all’anno al Papa per opere di carità e così dare un senso a questo lavoro di ricerca. All’inizio si è trattato soprattutto di acquisti, e investivo tutti i proventi del lavoro in questo. Poi dal 2012 molte istituzioni e persone si sono interessati al progetto.
Ad esempio monsignor Guido Marini ci ha donato alcuni oggetti dalla Sagrestia Pontificia, e anche lo stesso Benedetto XVI che qualche mese prima dalla rinuncia ci ha mandato con la dichiarazione di autenticità, la talare, lo zucchetto, la stola e casula e l’anno dopo la rinuncia anche il calice con cui ha celebrato la messa il 28 febbraio del 2014 al Mater Ecclesiae.
A parte le donazioni dirette, come si fa a valutare la autenticità di acquisti di questo genere?
Ad esempio abbiamo ricevuto molti oggetti dalla Postulazione dei Gesuiti che anche senza autentica, ne conoscevano la provenienza. E negli acquisti si impara piano piano. E quando mi sono accorto che si trattava di falsi le ho distrutte. Espongo solo le cose di cui ho totale certezza.
Iniziamo allora questo viaggio nelle testimonianze della vita dei Papi. La mostra inizia da Pio VII.
In effetti potrei tornare ancora più indietro, ma per avere una continuità ho iniziato da Pio VII.
Allora iniziamo da Pio VII, pensiamo alla prigionia in Francia, il rapporto con Napoleone...che cosa vediamo ?
Ci sono poche cose ma significative. Il rocchetto papale plissettato con una lavorazione straordinaria, ed è un dono dei Gesuiti con tanto di autentica del Cameriere Segreto del Papa. Po ci sono le pantofole donato dal conte Chiaramonti, un discendente di Pio VII e un autografo dove curiosamente sbaglia a firmare e scrive: Pio VI. Un errore che da un valore all’oggetto.
Raccogliendo questi oggetti avrai anche studiato lo stile pontificio che cambiava?
Certo oltre la raccolta c’è anche l’impegno per la conservazione degli oggetti e in alcuni casi nel restauro. Ho ricevute alcuni oggetti ed indumenti in condizioni pietose e ho fatto restaurare e recuperare tutto per la conservazione ottimale.
Ma che persone erano questi pontefici?
Io dico sempre anche ai visitatori che questi personaggi per quanto possano sembrare distanti da oggi, erano uomini molto vicini alla gente. Penso a Pio VII che andava a servire alla mensa dei poveri anche da Papa. Io ho un legame speciale con lui. E’ stato eletto a Venezia nell’Isola di San Giorgio nel 1800 perché Roma era in mano ai francesi. Un Papa legato a me per motivi regionali.
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Ma certo in molti documenti si capisce la vicinanza alla gente, come oggi. Non c’è mai stato un forte distacco tra i Pontefici e la gente. Certo dipende un po’ anche dai singoli caretteri.
Poi c’è un’altra bacheca...
Si ho raggruppato tre pontefici perché gli oggetti erano pochi: Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI.
Papi poco conosciuti. Di Leone XII abbiamo in prestito la scarpe da cerimonia e calzari papali che venivano indossati sopra le vesti, e il mattone della Porta Santa del 1825, l’unico del secolo a causa dell’ occupazione francese, e delle questioni risorgimentali.
Nel 1875 è stato celebrato un Giubileo quasi nascosto e non si aprì la Porta Santa. Poi due documenti di Pio VIII di cui una delle rare lettera da Papa. E di Gregorio XVI ci sono dei testi autografi. Sono stati pontefici legati molto al mecenatismo, ma sono stati un po’ schiacciati storicamente tra Pio VII e Pio IX.