Città del Vaticano , mercoledì, 17. novembre, 2021 17:00 (ACI Stampa).
“Monsignore, non c’entra niente. Noi prima di fare quello che siamo facendo siamo andati dal Santo Padre e abbiamo chiesto cosa è accaduto”. Lo dice il promotore di Giustizia Diddi in un interrogatorio a monsignor Alberto Perlasca, che è stato direttore dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato per 12 anni. E la registrazione di questo breve scambio è stata portata oggi nell’aula del Tribunale, nella terza udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Un processo che non è ancora cominciato, e “chissà quando comincerà”, ha chiosato ironicamente il presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone. Perché oggi sono state presentate altre eccezioni e richieste di invalidità, e la decisione sarà comunicata l’1 dicembre.
Al centro del processo, la vicenda dell’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra. Dei dieci imputati e quattro società coinvolte, gli stralci processuali decisi dal presidente del Tribunale Pignatone hanno lasciato solo sei imputati. Per gli altri, si sta rifacendo l’investigazione, in attesa di una eventuale nuova citazione in giudizio.
Sono tre le novità principali venute fuori dall’udienza. La prima è, appunto, questo coinvolgimento del Papa. Il promotore di Giustizia Alessandro Diddi si rifà alla conferenza stampa in aereo del Papa di ritorno dal Giappone del 26 novembre 2019, durante il quale Papa Francesco ha ricordato come il Promotore di Giustizia abbia “studiato la cosa, fatto le consultazioni e visto che c’era uno squilibrio nel bilancio”, e ha chiesto il permesso di fare le perquisizioni, che il Papa ha firmato. Insomma, Diddi ha parlato con Papa Francesco in quella occasione, e ha ricevuto tutte le autorizzazioni del caso.
Il punto, però, per l’avvocato Panella è diverso. Visto che in Vaticano ci si rifà al codice Finocchiaro – Aprile del 1913, allora il Papa, come sovrano, non poteva essere sentito. Ma, dato che il Papa fa giurisprudenza, allora il Papa rende possibile questa testimonianza, e deve essere verbalizzato.
Questioni di lana caprina? Da un certo punto di vista, sì. Dall’altro, va considerato che Papa Francesco è intervenuto nel processo firmando quattro diversi rescritti, e che la sua presenza è stata anche documentata dal Tribunale vaticano nella stanza dove si stava negoziando l’uscita dal broker Torzi dal controllo delle quote del palazzo di Londra.