La proclamazione di una giornata di preghiera per l’Ucraina è stato per noi come la stella di Natale arrivata a rischiarare il buio e portare questa speranza di pace a livello universale. Siamo grati al Papa che ascoltato la nostra voce, e ha riaffermato la gravità della situazione: non solo l’Ucraina, ma tutta l’umanità sarebbe ferita se il conflitto davvero scoppiasse.
Beatitudine, quali sono le iniziative che la Chiesa Greco Cattolica Ucraina ha messo in campo per questa iniziativa di Papa Francesco?
Come primi interessati di questo appello stiamo facendo una catena di preghiera di 12 ore, che è cominciata alle 9 del mattino e finirà alle 9 di sera. Tutte le nostre eparchie, le nostre metropolie, i monasteri di tutto il mondo si uniranno in preghiera con noi in Ucraina. Noi abbiamo un modello già ben rodato. Ogni giorno, alle 8 di sera, preghiamo il Rosario per la pace. La preghiera è trasmessa in diretta dalla nostra tv, seguita da più di 20 mila persone. Facciamo anche catene di digiuno: ogni giorno della settimana c’è una eparchia o un esarcato che fa un digiuno stretto per la pace in Ucraina. E poi c’è la pratica della penitenza, perché le persone si mettono davanti a Dio, riconoscono i loro peccati. Questa giornata proclamata viene vissuta in modo profondo, globale.
Quanto è difficile la situazione in Ucraina?
La gente è molto preoccupata. Alla preoccupazione espressa dalle organizzazioni internazionali si è aggiunta la notizia che alcune ambasciate a Kiev hanno annunciato la evacuazione del loro personale o dei famigliari dei funzionari. Ovviamente, non è la prima volta che si diffonde la paura, viviamo in una situazione di guerra nell'Est del Paese da più di otto anni. Noto anche una forma di adattamento psicologico della gente alla situazione, alcuni vivono come se la guerra non esistesse.
Che impatto ha avuto il conflitto sulle persone?
Ci sono quasi 2 milioni di profughi e circa 400 mila persone che hanno avuto l’esperienza della guerra, dai combattenti a chi supportava l’esercito o la popolazione locale ai medici che, in prima fila, assistevano tutti senza distinzione.
In Ucraina c’è un Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose in Ucraina, che lei ha presieduto. Quale è il ruolo delle Chiese oggi?
Le Chiese sono sempre state un fulcro, un nucleo di sicurezza, di speranza, di proposte calme e ragionevoli per affrontare le situazioni difficili. Questo appello del Papa è stato sentito fortemente non solo dai cattolici, e Chiese e organizzazioni religiose stanno cooperando per il bene del popolo a tutti i livelli. Aiutano a trovare le persone disperse, negoziano eventualmente la liberazione degli ostaggi, danno assistenza umanitaia a chi ha bisogno. Ma stanno anche pensando a cosa fare in caso di un nuovo attacco. Hanno avuto l’esperienza e analizzano l’esperienza avuta. Si sentono sostenute dai vari appelli importanti e forti che sono giunti in queste ore.
A quali appelli si riferisce?
Prima di tutto, all’appello del Consiglio delle Conferernze Episcopali di Europa. È stato qualcosa di liberatorio, ha detto chiaramente, in linguaggio ecclesiastico, che ci si tova di fronte al pericolo di una avanzata militare, un rischio diventato concreto quando si è sentito che i negoziati diplomatici non hanno ancora portato ad un accordo di de-escalation.
Poi, penso all’appello congiunto che abbiamo fatto come vescovi di Ucraina e Polonia, un appello importantte, in cui abbiamo rivelato che la natura della Chiesa è quello di “sacramento della pace”, e abbiamo ribadito, in modo sintetico, ma opportuno, la Dotttrina Sociale della Chiesa.
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Quale è il messaggio che si vuole dare con questi appelli?
Che si deve far valere la forza del diritto, non il diritto del forte, che è invece quello che stiamo sperimentando. L’Ucraina non è una minaccia per la Russia. Ma quello che sta accadendo non è solo una minaccia per la pace in Ucraina, ma per tutta l’Europa. Questa presunta guerra, per ora solo temuta, mette a rischio tutte le conquiste della società europea dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In che modo il dialogo ecumenico nel Paese può essere una "diplomazia di secondo binario" (track two diplomacy) in aiuto delle diplomazie ufficiali nel trovare una soluzione diplomatica?
Il Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose in Ucraina sta preparando proprio in questi giorni una dichiarazione. La dichiarazione si svilupperà su tre dimensioni. La prima dimensione è quella dei fedeli, da sempre nostro primo interlocutore. Intendiamo prevenire il loro panico, perché in questa guerra ibrida il panico è il peggiore nemico. A causa del panico i supermercati sono vuoti, le persone ritirano denaro dal sistema bancario, e via dicendo, con una serie di iniziative che possono portare la società al collasso. Come Chiese dobbiamo rispondere alle paure delle persone che soffrono anche psicologicamente perché non sanno cosa succederà domani. Vivere con il timore che domani si perda tutto è una delle torture più grandi per le persone.
A chi altri si rivolgono le Chiese di Ucraina?
In secondo luogo, agli organismi dello Stato e del mondo politico dello Stato. Celebrando gli scorsi giorni l’Unità del Paese, abbiamo colto l’occasione per appellarci di nuovo ai politici perché cerchino il bene comune e l'unità di intenti. Infine, ci rivolgiamo ai nostri interlocutori della società internazionale. Ci stiamo incontrando con ambasciatori di tanti Paesi.