L’approccio di Benedetto XVI
Colpito dalla grande ondata di scandali di pedofilia – una campagna orchestrata in maniera raffinata e durissima – Benedetto XVI ha già però in mente l’approccio. Lo ha identificato quando era prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Due le parole d’ordine: giustizia e auto-consapevolezza degli errori fatti.
L’approccio della giustizia è provato da numeri, che la Congregazione della Dottrina della Fede ha recentemente fornito in occasione di una audizione della Santa Sede di fronte a un comitato ONU a gennaio 2014: tra il 2011 e il 2012, Benedetto XVI ha ridotto allo stato laicale circa 400 preti. Il dato testimonia anche una crescita significativa nell’affrontare i casi: nel 2009, erano stati rimossi 171 preti; nel 2010, ci sono 527 denunce alla Congregazione della Dottrina della Fede, ma non ci sono numeri sui sacerdoti ridotti allo stato laicale. Nel 2010, sono 260 i sacerdoti laicizzati su 404 casi riportati; nel 2012, ci sono 418 denunce, 124 sacerdoti ridotti allo Stato laicale.
I casi più importanti
Ecco alcuni dei casi più importanti: nel maggio 2005, Benedetto XVI ha ridotto allo stato laicale padre Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, perché aveva abusato sessualmente di alcuni dei suoi seguaci; il 19 agosto 2005, Benedetto XVI ha accettato le dimissioni immediate del vescovo Juan Carlos Maccarone, di Santiago del Estero (Argentina) perché colto in atteggiamento intimo con un giovane di 23 anni. Il 19 maggio 2006, Benedetto XVI ha condannato padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, a una vita riservata di preghiera e alla rinuncia a ogni incarico pubblico. Padre Maciel – che era stato sotto investigazione già sotto Pio XII – non subì un processo canonico solo a causa della sua età avanzata. Nel 2007, Benedetto XVI obbligò la “Communité des Beatitudes”, francese, a una rifondazione, dato che un gruppo dei suoi membri aveva commesso abusi su bambini: la comunità riconoscerà nel 2011 le colpe di un “ristretto numero” dei suoi membri, tra cui il loro fondatore. Nel 2011, la Congregazione per la Dottrina della Fede completa l’indagine su padre Fernando Karadima, un carismatico sacerdote cileno accusato di aver molestato bambini, nonostante l’indagine civile contro di lui fosse stata archiviata perché gli eventi erano avvenuti troppo lontani nel tempo. Karadima fu riconosciuto colpevole.
Il caso irlandese
Colpisce, per la vastità, il caso irlandese, che portò poi Benedetto XVI alla famosa lettera ai cattolici d’Irlanda. Tre rapporti vengono pubblicati nel corso di pochi anni: il rapporto Ryan parla degli abusi nella Chiesa di Irlanda, quello Murphy si concentra sugli abusi nella diocesi di Dublino, il rapporto Cloyne sulla diocesi di Cloyne. Per due volte i vescovi di Irlanda vengono a Roma, a parlare con Benedetto XVI.
E qui si vede l’approccio del Papa. Mette la Chiesa di Irlanda in penitenza, impone un esame di coscienza. Non rimuove i vescovi colpevoli, ma rende chiari i loro errori, ne accetta le dimissioni. Annuncia una visitazione apostolica, che provvederà i criteri per affrontare i casi di abuso. Sottolinea che i processi canonici non escludono la cooperazione con le autorità civili.
Perché la necessità non è solo di punire, ma è anche di far iniziare un cambio di mentalità. Il processo di maturazione è lento, ma deciso. E consiste anche in una decisione sorprendente: Charles J. Brown, della Congregazione della Dottrina della Fede, viene nominato nunzio in Irlanda. Non un diplomatico, ma un esperto di diritto canonico, di dottrina, che conosce il lavoro svolto e sa pastoralmente portarlo avanti.
Il documento finale della visitazione apostolica viene pubblicato il 20 marzo 2012. Ribadisce in pratica le linee guida per la prevenzione degli abusi, stilate nel documento del 2008 “Safeguarding Children”. Queste linee guida chiedono un ampio “coinvolgimento di fedeli e di corpi ecclesiali” nella “prevenzione e formazione” e ribadisce “l’apertura ad una ampia cooperazione con le autorità civili” nel riportare le accuse. Chiede anche a tutti i vescovi visitati di riportare le accuse di abusi sia alla Congregazione della Dottrina della Fede che alle autorità civili.
La cura delle vittime
Nel frattempo, Benedetto XVI mostra che l’approccio deve anche essere orientato alla cura delle vittime. Per cinque volte, si incontra con le vittime: nel 2008 negli Stati Uniti e in Australia, nel 2010 a Malta e nel Regno Unito, nel 2011 in Germania. Incontri che hanno riscontri: secondo un rapporto della National Catholic Safeguarding Commission dell’agosto 2011, le denunce di abuse sono triplicate nel Regno Unito dopo la visita di Benedetto XVI. Dopo la visita a Malta, viene accelerato il lavoro degli investigatori che portano alla sentenza penale per pedofilia nel confronti del sacerdote maltese Charles Pulis.
Nel frattempo, anche la Chiesa negli Stati Uniti ha avviato la ricostruzione. L’arcidiocesi di Boston ha dovuto pagare 1,5 miliardi di dollari di risarcimento alle vittime. Ma ha anche avviato il percorso di guarigione: il giovedì di ascensione del 2006, comincia un “pellegrinaggio di Penitenza e speranza” in nove comunità in cui ci sono stati casi di abuso, in modo da mostrare pubblicamente la tristezza e la contrizione delle comunità per la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie e per invitare le persone a tornare nella Chiesa.
La guarigione e il rinnovamento
L’approccio di guarigione e rinnovamento diventa ufficiale con un simposio, organizzato all’università Gregoriana dal 6 al 9 febbraio 2011. Il simposio si chiama proprio “Verso la guarigione e il rinnovamento” ed è stato organizzato in modo da delineare una risposta allo scandalo degli abusi. Un anno dopo, l’Università Gregoriana ha lanciato il Centro per la Protezione dei Minori. Il centro (i cui uffici furono inizialmente stabilit a Monaco) era il frutto della collaborazione tra la Pontificia Università Gregoriana, l’arcidiocesi di Monaco e Frisinga e il dipartimento di Psichiatria e di Psicoterapia infantile dell’Università di Ulm. E funziona come una centro di e-learning, multilingue, che crea una competenza necessaria per affrontare e prevenire gli abusi sessuali sui minori.
L’impegno di Papa Francesco
Questo impegno è stato portato avanti da Papa Francesco. In primis, con l’Istituzione della Pontificia Commissione per la protezione dei minori. Secondo le parole del Cardinal Sean O’Malley – che ne ha proposto la costituzione – la commissione “studierà programmi attualmente in corso per la protezione dei bambini; farà suggerimenti per nuove iniziative sul tema da parte della Curia, in collaborazione con vescovi, conferenze episcopali, superiori religiosi e conferenze dei superiori degli ordini religiosi; identificherà persone qualificate per la sistematica implementazione di queste iniziative”. I membri della commissione sono tutti laici in qualche modo esperti, incluse due ex vittime.
Il 20 marzo 2015, poi, Papa Francesco ha accettato la decisione del Cardinal Keith O’Brien, della Scozia, di lasciare i suoi doveri ecclesiali. Il Cardinal O’Brien si era dimesso nel febbraio 2013, e per questo non aveva preso parte al Conclave 2013, a seguito di accuse di comportamento sessuale inappropriato nei confronti di 3 sacerdoti. Si era ritirato fuori dalla Scozia, dopo aver ammesso le sue colpe. La sua decisione di lasciare anche i doveri ecclesiali aveva fatto seguito all’inchiesta dell’arcivescovo Charles J. Scicluna, inviato speciale del Papa per il caso. E solo il Papa e l’arcivescovo Scicluna conoscono le conclusioni dell’inchiesta.
Poi c’è il caso di Jozef Wesolowski, l’ex nunzio in Repubblica Dominicana che è morto per cause naturali il 27 agosto 2015, mentre era agli arresti domiciliari ed era partito il processo penale nello Stato di Città del Vaticano contro di lui. Da nunzio era stato nel Paese caraibico dal 2008 al 2013, finché non si dimise a seguito delle accuse di aver pagato per fare del sesso con dei minori. Trasferito a Roma, fu messo sotto processo dalla Congregazione della Dottrina della Fede. Nel giugno 2014, la Congregazione lo riconobbe colpevole delle accuse, e fu deciso che l’ex nunzio sarebbe stato ridotto allo stato laicale, e che il nunzio avrebbe anche subito un processo penale da parte del Vaticano (il nuovo codice penale vaticano includeva tra l’altro il crimine di possesso di materiale pedopornografico).
Questo approccio ricalca quello portato avanti da Benedetto XVI, ovvero quello di giustizia e guarigione. Anche per questo Papa Francesco ha voluto incontrare alcuni rappresentanti delle vittime di abusi sessuali il 27 settembre 2015. Era il primo incontro di un Papa con sopravvissuti agli abusi avvenuto all’interno del Vaticano.
E racconta di un lavoro che va avanti, che non si è mai fermato. Al di là delle polemiche, la Chiesa è l’istituzione che ha fatto di più per combattere gli abusi. Tanto che nel libro “Pedofilia. Una battaglia che la Chiesa sta vincendo” di Massimo Introvigne e Roberto Marchesini, gli autori arrivano alla conclusione che le istituzioni cattoliche sono le più sicure per i minori. Lo fanno incrociando dati che arrivano dal John Jay College e dalla City University di New York. Dati di cui tener conto, che però non arrivano ancora al grande pubblico. Ci sono ancora molte cose da fare. Ma si deve essere chiari: la lotta agli abusi sui minori è iniziata da tempo.