Affrontando poi la questione del rapporto sugli abusi in Francia, Papa Francesco chiede solo di “stare attenti con l’interpretazione”, perché c’è il rischio di “confondere il modo di sentire un problema in una epoca con quello che si sente in un’altra. Una situazione storica va interpretata con l’ermeneutica dell’epoca, non con la nostra”.
Altro tema: un imminente incontro con il Patriarca Kirill di Mosca. Da tempo di parla di un incontro in Kazakhstan, al festival delle religioni del prossimo anno dove sia Papa Francesco che Kirill sono stati invitati.
Il Papa ammette che l’incontro è “in un orizzonte non lontano”, dice che la prossima settimana dovrebbe andarlo a trovare il metropolita Hilarion, capo del Dipartimento di Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, per “concordare un possibile incontro”.
Papa Francesco ribadisce che lui è anche disposto ad andare a Mosca per “dialogare con un fratello”, perché quando si dialoga con un fratello “non ci sono protocolli”. E Kirill è fratello come lo sono gli altri patriarchi, come Chrysostomos e Hyeronimos, e si deve “andare insieme, camminare per unità”. Sì, ammette Papa Francesco, serve studiare, servono i teologi, ma nel frattempo si deve “camminare insieme”, fare carità insieme, e menziona l’accordo che si fece durante il suo viaggio in Svezia nel 2017 tra Caritas Internationalis e Caritas Luterana.
Papa Francesco guarda anche all’Europa in cui vengono pubblicate anche linee guida in cui si chiede di non menzionare il Natale per non disturbare altre confessioni. Papa Francesco lo definisce “un anacronismo della storia. Tante dittature hanno cercato di farlo: pensa a Napoleone, alla dittatura nazista e comunista”. Per Papa Francesco, si tratta di “una moda della lacità annacquata, e questa è una cosa che non funziona durante la storia”.
Papa Francesco chiede quindi che è necessario che l’Unione Europea prenda in mano l’identità dei padri fondatori, e non essere “veicolo di colonizzazioni ideologiche”, rispettando ogni Paese come è dentro: ogni Paese ha la propria peculiarità”. E sottolinea che l’UE deve essere “solidarietà dei fratelli in una comunità dei fratelli che rispetta la identità dei Paesi.
Guardando al dialogo, il Papa ritorna sulle sua richiesta di scuse all’arcivescovo Ieronymous, tra l’altro sollecitata dallo stesso arcivescovo nel suo discorso che ricordava le ferite della Guerra di Indipendenza.
“Ho chiesto scusa per tutte le divisioni che ci sono – ha detto il Papa – e anche vedendo la questione dell’indipendenza. Ieronomynous – ricorda Papa Francesco - aveva segnalato che una parte di cattolici si erano schierati con i governi europei. Invece, i cattolici delle isole hanno sostenuto l’indipendenza. Il centro, diciamo così, in quel momento era schierato con l’Europa”.
Papa Francesco ha detto che si deve chiedere scusa, non badando allo “spirito dell’autosufficienza”, e che è più difficile chiedere scusa a Dio che al fratello, ma che nel mondo di oggi ci vuole “l’atteggiamento dell’umiliazione di chiedere scusa. “Tante cose – mette in luce Papa Francesco - stanno succedendo nel mondo, tante guerre, io ho voluto chiedere scusa per le divisioni che abbiamo provocato, per le nostre chiedo scusa, e anche per quell’episodio della guerra, perché parte dei cattolici si erano schierati con il mondo europeo”.
Ma le scuse sono anche “per lo scandalo, il dramma dei migranti, lo scandalo delle tante vite emigrate sul mare”.
Si chiede al Papa se si debba imparare di più dalla sinodalità ortodossa. Per il Papa “clero e laici è una divisione funzionale”, ma è la sinodalità che fa “ascoltare l’uno con l’altro e andare insieme”, e “la Chiesa latina si era dimenticata del Sinodo, è stato San Paolo VI a restaurare il cammino sinodale e stiamo facendo un cammino per avere abitudine della sinodalità, per camminare insieme”.
Le domande portano anche il Papa a tornare alla sua denuncia di un “arretramento della democrazia”. Sottolinea che “la democrazia è un tesoro, un tesoro di civiltà e va custodito, e non solo custodito da una entità superiore, ma dai Paesi stessi”.
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E sottolinea che oggi ci sono due pericoli per la democrazia. Il primo è il populismo, che non è “popolarismo”, ma è piuttosto quello che fu il nazismo, che il Papa descrive come “un populismo che difendeva i valori nazionali ed è riuscito ad annientare la vita democratica, a diventare una dittatura cruenta”.
Il Papa sottolinea che “quando si sacrificano i valori nazionali”, si arriva ad un impero, un governo sovranazionale, come nel “Signore del mondo” di Benson in cui c’è un grande governo che cerca di fare una “uguaglianza tra tutti”. Ed è questo il secondo pericolo, quello delle potenze internazionali
Non manca anche una domanda sulla questione dei migranti. Papa Francesco denuncia come “una moda” quella di chiudere le frontiere, anche usando i fili spinati, e invita chi lo fa a ricordare quando loro sono stati migranti, e non hanno chiuso le porte.
A chi dice che il governo ha dovere di governare e che non può farlo con ondate migratorie di massa, il Papa risponde che ogni governo dovrebbe dire chiaramente quanto può ricevere. Ma – aggiunge- “i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati”. E se non si può fare, si deve entrare in un dialogo, ed è questa armonia che è chiamata a fare l’Unione Europea. “Pensa alla Grecia. Pensa a Lampedusa, alla Sicilia… manca questa armonia generale”.
Per il Papa è cruciale l’integrazione. Ricorda ancora una volta che all’aeroporto di Zaventem, in Belgio, la strage fu compiuta da belgi, ma figli di migranti “ghettizzati”.
“Non è facile accogliere i migranti – dice Papa Francesco - non è facile risolvere il problema dei migranti, ma se noi non risolviamo il problema dei migranti rischiamo di far naufragare la civiltà. Non solo naufragare nel Mediterraneo, ma la civiltà”.