Sarà un viaggio che toccherà tutte le realtà irachene, e che avrà come obiettivo sia stabilire ponti di dialogo con l’Islam sciita (il Cardinale Sako aveva persino ipotizzato una seconda Dichiarazione della Fraternità Umana da firmare a Najaf, e ci spera ancora) sia dare fiducia e vigore ad una comunità cristiana fortemente provata: prima del 2003, anno della Seconda Guerra del Golfo, c’erano circa 1 – 1,4 milioni di cristiani in Iraq.
Negli anni si è parlato spesso di un “esodo nascosto” dalla regione, denunciato anche dall’esortazione post-sinodale Ecclesia In Medio Oriente nel 2012. L’invasione dell’ISIS ha fatto crollare definitivamente la presenza: oggi sono circa 300-400 mila, e molti hanno paura di tornare perché a volte traditi dai loro vicini. Papa Francesco è chiamato a dare loro fiducia, in una situazione difficile e instabile, dove la crisi economica ha portato, già prima della pandemia, a varie proteste. Gli sfollati interni sono 1,7 milioni, le persone che hanno bisogno di assistenza sono 4 milioni secondo le stime dell’UNICEF. Sarà un viaggio per portare la speranza.
Di un possibile viaggio in Kazakhstan di Papa Francesco ha parlato invece Alibek Bakayev, ambasciatore dello Stato dell’Asia Centrale presso la Santa Sede, che ha presentato le sue lettere credenziali a Papa Francesco il 4 dicembre scorso.
C’è da notare che lo scorso 15 ottobre Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e il Centro kazako per lo Sviluppo del Dialogo Interconfessionale e Inter-civile ‘Nursultan Nazarbayev’ (NJSC) hanno firmato un Memorandum d’intesa che “aprirà nuove opportunità e modi più promettenti per attuare progetti comuni, per promuovere il rispetto e la conoscenza tra i rappresentanti delle diverse religioni”.
Tra i vari impegni del Kazakhstan sul fronte del dialogo, c’è l’appuntamento annuale del Congresso dei Leader del Mondo e delle Religioni Tradizionali. Il settimo congresso si terrà nel 2021, e secondo l’ambasciatore Papa Francesco potrebbe essere presente.
Parlando con EWTN, l’ambasciatore Bakayev ha infatti detto che “ci sono grandi speranze che ci sarà una finestra nell’agenda del Papa per visitare il Kazakhstan nel corso del prossimo anno. La visita cadrebbe anche nel 20esimo anniversario della prima visita di un Papa nel Paese”.
Giovanni Paolo II visitò il Kazakhstan nel 2001, rimanendovi per quattro giorni nonostante l’alta preoccupazione per la sicurezza a seguito degli attacchi dell’11 settembre.
La visita sarebbe, per l’ambasciatore, anche l’occasione per definire e firmare una serie di accordi bilaterali con la Santa Sede su scienza, educazione medicina. Non solo: Nur-Sultan, capitale del Kazakhstan, potrebbe anche essere il territorio neutro per un secondo incontro di Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, dopo il primo incontro che si è tenuto nell’aeroporto dell’Avana nel febbraio 2016.
In Kazakhstan, ci sono cinque diocesi cattoliche e circa 250 mila cattolici di rito latino, una piccola minoranza su una popolazione di 18,2 milioni di abitanti prevalentemente islamica sunnita, ma con una grande pratica di ortodossia con riferimento al Patriarcato di Mosca.
Infine, il possibile viaggio in Serbia, che sembra il più complicato. Non trovano conferme ufficiali le voci dello stabilimento di un comitato preparatorio per il viaggio, eppure tutti gli indizi lasciano pensare che il Papa possa davvero prendere in considerazione il viaggio.
Le cose potrebbero cambiare dopo la morte del Patriarca ortodosso Irenej, cui il Papa ha sempre dimostrato grande stima e affetto.
Al funerale del patriarca, la presidenza serba ha fatto sapere che il presidente Aleksandr Vucic aveva sempre tenuto in alta considerazione il lavoro del patriarca, il quale sarebbe persino “riuscito a influenzare i vertici del Vaticano per fermare il processo di canonizzazione del Cardinale croato Alojzije Stepinac”, ma anche per “preparare il terreno per una possibile futura visita di Papa Francesco in Serbia”.
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Che le relazioni siano a buon punto è testimoniato dall’intervista che Papa Francesco ha concesso quest’anno al quotidiano Politika per il centenario della rappresentanza della Santa Sede in Serbia. Sempre parlando al quotidiano Politika e sempre per la stessa ricorrenza, l’arcivescovo Luciano Suriani, nunzio apostolico in Serbia, ha notato che, nonostante cento anni di presenza come nunziatura, “molto resta da fare affinché la comunità cattolica in Serbia non venga percepita come un corpo estraneo, ma quale è veramente, cioè parte integrante del tessuto sociale del Paese”.
Allo stesso tempo, l’arcivescovo Suriani ha parlato di una esperienza “positiva” dal punto di vista ecumenico, e ricordato che “Papa Francesco, in più occasioni, ha manifestato il suo affetto per il Patriarca Irinej e per questo Paese, non nascondendo il desiderio di visitarlo. Le Autorità politiche mi sembrano disposte ad accoglierlo, come pure tanti cittadini che, in questi anni, me lo hanno manifestato apertamente. Il mio augurio è che i tempi per la visita pontificia, finora ritenuti da alcuni non maturi, giungano presto a maturazione!”
Resta sul tavolo la questione del Beato Stepinac, il cui processo di canonizzazione, per cui c’è già un miracolo riconosciuto, è stato bloccato proprio a seguito di rimostranze serbe che Papa Francesco non se l’è sentita di trascurare. C’è stata una commissione cattolica – ortodossa sul tema, che non è giunta a una conclusione univoca, e tutto sembra sospeso alle dichiarazioni di Papa Francesco che, di ritorno dalla Macedonia del Nord, disse semplicemente che il Cardinale Stepinac era già beato, e si poteva comunque venerare.
Se il viaggio del Papa a Belgrado avesse luogo, sarebbe la prima volta per un Papa. Sarebbe un viaggio possibile anche con le restrizioni anti-COVID, perché non andrebbe incontro a grandi folle – la maggioranza dei serbi è ortodossa – e non sarebbe un lungo viaggio, si potrebbe fare in un solo giorno. Sarebbe invece di più giorni un viaggio del Papa in Bielorussia, avamposto per raggiungere la Russia (la Chiesa ortodossa bielorussa dipende dal patriarcato di Mosca): il presidente Lukashenko vuole il Papa nel Paese per rafforzare la sua leadership, e ora sembra uscire rafforzato dal fatto che Papa Francesco ha accettato la rinuncia dell’arcivescovo Tadesuz Kondrusiewicz di Minsk al compimento del 75esimo anno di età lo scorso 3 gennaio. Kondrusiewicz era stato in esilio, e oggetto di varie trattative per il suo rientro da parte della Santa Sede, fino agli ultimi negoziati che hanno avuto esito positivo.
Poi c’è il Libano. Nella lettera di Natale, Papa Francesco ha fatto sapere che vuole visitare il Libano presto. C’era, in realtà, un progetto che il Papa fosse in Libano già quest’anno, alla Conferenza per il Dialogo Cattolico Islamico che doveva essere organizzato a Beirut quest’ anno dalla Lega Musulmana Mondiale.
Sono stati diversi gli approcci della Lega Musulmana Mondiale, il cui segretario generale, Mohammad Abdul Karim Al-Issa, è stato anche in visita da Papa Francesco il 20 settembre 2017, inaugurando una serie di contatti che ha portato al primo, storico viaggio di un cardinale in Arabia Saudita – e fu il Cardinale Jean Louis Tauran, allora presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.