Per il Papa, dunque, la crisi della pandemia rende opportuno una riflessione sul “significato della crisi”, che “è presente ovunque e in ogni periodo della storia, coinvolge le ideologie, la politica, l’economia, la tecnica, l’ecologia, la religione”, e che è “una tappa obbligata della storia personale e sociale”. Anche la Bibbia – dice il Papa – è piena di situazioni di crisi, da quella di Abramo a quella di Mosè, a quella di Giovanni Battista “attanagliato dal dubbio sull’identità messianica di Gesù”, fino a Saulo di Tarso, San Paolo, “uomo che si è davvero lasciato trasformare dalla crisi”, passando per la crisi “più eloquente: quella di Gesù, con l’esperienza delle tentazioni.
Spiega Papa Francesco: “gli Evangelisti sottolineano che i quaranta giorni vissuti da Gesù nel deserto sono segnati dall’esperienza della fame e della debolezza. Ed è proprio al fondo di questa fame e di questa debolezza che il Maligno cerca di giocare la sua carta vincente, facendo leva sull’umanità stanca di Gesù. Ma in quell’uomo provato dal digiuno il Tentatore sperimenta la presenza del Figlio di Dio che sa vincere la tentazione mediante la Parola di Dio”.
Poi c’è la crisi di Gesù nel Getsemani, alla fine della quale Gesù si consegna nelle mani del Padre, in un “fiducioso abbandono che aprì la via della resurrezione”.
Papa Francesco traspone le realtà bibliche alla situazione della Chiesa. Dobbiamo guardarci – ammonisce – “dal giudicare frettolosamente la Chiesa in base alle crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi”.
“Quante volte – chiosa Papa Francesco - anche le nostre analisi ecclesiali sembrano racconti senza speranza”. Ma è una lettura che “non si può dichiarare realistica”, anche perché “qui nella Curia sono molti coloro che danno testimonianza con il loro lavoro umile, discreto, silenzioso, leale, professionale, onesto. Anche il nostro tempo ha i suoi problemi, ma ha anche la testimonianza viva del fatto che il Signore non ha abbandonato il suo popolo, con l’unica differenza che i problemi vanno a finire subito sui giornali, invece i segni di speranza fanno notizia solo dopo molto tempo, e non sempre”.
Continua Papa Francesco: “Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere. Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi”.[
La crisi, insomma, è una tappa normale, da accettare, mantenendo “un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio”.
La crisi, poi, non va “confusa con il conflitto” – spiega Papa Francesco – perché mentre la prima ha un esito positivo, “il conflitto crea sempre un contrasto, una competizione, un antagonismo apparentemente senza soluzione fra soggetti divisi in amici da amare e nemici da combattere, con la conseguente vittoria di una delle parti”.
Papa Francesco sottolinea che “la logica del conflitto cerca sempre i ‘colpevoli’ da stigmatizzare e disprezzare e i ‘giusti’ da giustificare per introdurre la consapevolezza – molte volte magica – che questa o quella situazione non ci appartiene”. Ed è questo che porta all’affermarsi di élites o gruppi chiusi che “promuovono logiche limitative e parziali, che impoveriscono l’universalità della nostra missione”.
La Chiesa non può essere letta in conflitto perché “è un Corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti”. Così, infatti, “diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa”.
Papa Francesco spiega ulteriormente che la crisi non porta “una novità in contrapposizione al vecchio”, ma piuttosto “una novità che germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo”, come il seme che muore e che poi porta frutto.
In questo senso – continua Papa Francesco – “tutte le resistenze che facciamo all’entrare in crisi lasciandoci condurre dallo Spirito nel tempo della prova ci condannano a rimanere soli e sterili. Difendendoci dalla crisi, noi ostacoliamo l’opera della Grazia di Dio che vuole manifestarsi in noi e attraverso di noi”.
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Non dobbiamo dunque “spaventarci” se “un certo realismo ci mostra la nostra storia recente solo come la somma di tentativi non sempre riusciti, di scandali, di cadute, di peccati, di contraddizioni, di cortocircuiti nella testimonianza”, perché tutto ciò che “di male, contraddittorio, debole e fragile si manifesta apertamente ci ricorda con ancora maggior forza la necessità di morire a un modo di essere, di ragionare e di agire che non rispecchia il Vangelo. Solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa”.
La crisi porta ad un aggiornamento, che deve essere affrontato “con una disponibilità a tutto tondo; si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio, o alla semplice stesura di una nuova Costituzione Apostolica”.
Papa Francesco sottolinea che “la Chiesa è sempre un vaso di creta, prezioso per ciò che contiene e non per ciò che a volte mostra di sé”, e in questo tempo “sembra evidente che la creta di cui siamo impastati è scheggiata, incrinata, spaccata”.
Esorta Papa Francesco: “Dobbiamo sforzarci affinché la nostra fragilità non diventi ostacolo all’annuncio del Vangelo, ma luogo in cui si manifesta il grande amore con il quale Dio, ricco di misericordia, ci ha amati e ci ama”.
Il Papa ricorda che Gesù mette in guardia dallo “strappare un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio”, o dal “versare vino nuovo in otri vecchi”, ma che apprezza lo scriba che, divenuto discepolo, “è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.
Questo testo – afferma Papa Francesco – è la Tradizione, in cui “le cose antiche sono costituite dalla verità e dalla grazia che già possediamo. Le cose nuove sono i vari aspetti della verità che via via comprendiamo. Nessuna modalità storica di vivere il Vangelo esaurisce la sua comprensione”.