Tra gli strumenti in grado di aprire alla soluzione pacifica dei conflitti, il Papa elenca mezzi di conciliazione, forme di giustizia di transizione, garanzie di sviluppo sostenibile, protezione e custodia del creato.
In generale, dice Papa Francesco la “Chiesa è chiamata a favorire la soluzione di problemi riguardanti la pace, la difesa della vita, i diritti umani e civili”, e questo per “essere mediatrice credibile davanti all’opinione pubblica mondiale”, anche mentre svolge il suo compito nella diplomazia pontificia e nella comunità internazionale.
Papa Francesco spiega dunque che il mondo universitario ha “un ruolo centrale” in questo lavoro di perseguimento della pace, anche perché è dalle università che nasce “quell’umanesimo integrale che necessita continuamente di essere rinnovato e arricchito”, e proprio per questo motivo la Chiesa ha sempre sviluppato l’educazione nei luoghi di missione, e oggi ha una rete mondiale di Università ecclesiastiche, che il Papa propone di rinnovare senza “alterare il senso istituzionale e le tradizioni consolidate delle nostre realtà accademiche”, ma tenendo ferma l’idea di una “Chiesa in uscita e missionaria”.
Si inserisce nel compito di “incarnare la Parola di Dio per la Chiesa e per l’umanità del Terzo Millennio” l’istituzione di un ciclo di studi in Scienze della Pace, e lo fa proprio nell’Università che “in modo specifico partecipa alla missione del vescovo di Roma”.
Si tratta di un percorso accademico inter- e trans- disciplinare, che include ambiti teologico, filosofico, giuridico, economico e sociale, con un ciclo triennale e in biennio di specializzazione che darà i gradi accademici di Baccellierato e di Licenza.
“Alle Scienze della Pace – conclude Papa Francesco - potranno guardare con fiducia i Vescovi diocesani, gli Ordinari castrensi, le Conferenze episcopali, i Superiori e le Superiore delle diverse forme di vita consacrata, i Responsabili di associazioni e movimenti del laicato, e tutti quanti lo desiderano, per promuovere un’adeguata preparazione di attuali e futuri operatori di pace”. Tutta la comunità accademica, insomma, si deve sentire coinvolta “nel gettare i semi della pace”.
La lettera di Papa Francesco è stata letta al termine della lectio magistralis del vescovo Semeraro su “La proposta di riforma della Curia Romana”.
Nella sua lezione, il segretario del Consiglio dei Cardinali ha sottolineato che la riforma della Curia è ora sottoposta a una revisione stilistica e una rilettura canonistica, motivo per il quale è stato nominato un segretario aggiunto nelle persona di Monsignor Marco Mellino che è stato anche nominato membro del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Ma ha anche ribadito l’idea della riforma in cammino, ripercorrendo – come ha fatto anche il Consiglio dei Cardinali al termine dell’incontro di giugno - tutte gli aggiustamenti della Curia romana fatti nel corso degli anni, dalla Segreteria per l’Economia fino ai dicasteri Laici, Famiglia e Vita a quello per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale passando per Il Dicastero della Comunicazione, che inizialmente era Segreteria per la Comunicazione, e poi la Terza Sezione della Segreteria di Stato..
Il vescovo Semeraro è sottolineato che l’attuale nome della bozza – Praedicate Evangelium – risale all’estate del 2015, e ha messo in luce che l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, la prima di Papa Francesco, è la linea guida della proposta di riforma, che è quella di una “scelta missionaria” capace di cambiare ogni cosa perché “le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiastica diventino canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale”.
Tra i principi guida della proposta di riforma, ci sono quello della sinodalità, quello della sussidiarietà e quello della decentralizzazione, perché la Curia romana “non è soltanto strumento al servizio del Romano Pontefice, ma anche strumento di servizio per le Chiese particolari”.
Quindi, il vescovo Semeraro nomina il criterio della gradualità, che risponde all’idea della “riforma in cammino”, ma che resti legato alla tradizione, altro criterio che rappresenta “il principio della fedeltà alla storia e della continuità con il passato”.
E poi, l’innovazione, che – ricorda il vescovo Semeraro – per la prima volta è stata affidata ad un prefetto laico.
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In sintesi, il segretario del Coniglio dei Cardinali sottolinea che il Papa è fedele al principio che “il tempo è superiore allo spazio”, perché la riforma è un processo, che include anche gli esercizi spirituali che Papa Francesco ha voluto ad Ariccia, perché “la riforma, nella mens di Francesco, è ben più di un qualunque cambiamento strutturale”.
Parlando all’apertura della cerimonia, il Cardinale de Donatis, cancelliere dell’Università, ha sottolineato la neessità di una “intelligenza della fede” che ci apra all’azione liberatrice di Cristo, e ricordato il “legame speciale” tra l’Università e il Papa, che si lega al percorso di riforma della Curia, un lavoro – ha detto il Cardinale de Donatis – che ci “interessa a più livelli, secondo gli ambiti di studio propri di ogni facoltà o università”. Partendo dal titolo Praedicate Evangelium, il Cardinale de Donatis ha ricordato che il fine ultimo della riforma della Curia non è altro che “l’annuncio del Vangelo”.