Papa Francesco centra la sua omelia sulle tre volte in cui l’Angelo Gabriele prende la parola davanti Maria. La prima volta, l’angelo invita a rallegrarsi, perché “il Signore è con te”. “Troppo spesso – sottolinea Papa Francesco – pensiamo che la Confessione consista nel nostro andare da Dio a capo chino. Ma non siamo anzitutto noi che torniamo al Signore. È lui che viene a visitarci, a colmarci della sua grazia, a rallegrarci con la sua gioia”.
Per Papa Francesco, “confessarsi è dare al Padre la gioia di rialzarci”, perché “al centro di quanto vivremo non ci sono i nostri peccati, ma il suo perdono”, altrimenti “dipenderebbe quasi tutto da noi, dal nostro pentimento, dai nostri sforzi, dai nostri impegni”. E invece “al centro c’è lui, che ci libera e rimette in piedi”.
Papa Francesco invita chiedere “il dono di capire che la Riconciliazione non è anzitutto un nostro passo verso Dio, ma il suo abbraccio che ci avvolge, ci stupisce, ci commuove”, perché “è il Signore che, come a Nazaret da Maria, entra in casa nostra e porta uno stupore e una gioia prima sconosciuti”.
Papa Francesco sottolinea che se “rimetteremo in primo piano la prospettiva di Dio” torneremo “ad affezionarci alla Confessione”, di cui abbiamo bisogno perché “ogni rinascita interiore, ogni svolta spirituale comincia da qui, dal perdono di Dio”.
Papa Francesco invita a riscoprire la riconciliazione come il “sacramento della gioia”, dove “il male che ci fa vergognare diventa l’occasione per sperimentare il caldo abbraccio del Padre, la dolce forza di Gesù che ci guarisce, la tenerezza materna dello Spirito Santo”.
Il Papa chiede ai confessori di essere “coloro che offrono a chi si accosta la gioia di questo annuncio”, senza alcune “rigidità, ostacolo, disagio” con “porte aperte nella misericordia”, chiamati a “impersonare il buon Pastore che prende in braccio le sue pecore e le accarezza” e ad essere “canali di grazia che versano nelle aridità del cuore l’acqua viva della Misericordia del Padre”. Aggiunge: "Se un sacerdote non ha questi sentimenti nel cuore, meglio che non vada a confessare".
La seconda volta che l’angelo si rivolge a Maria, continua Papa Francesco, le chiede di non temere, le parole che Dio dice ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, a Giuseppe, inviandoci “un messaggio chiaro e consolante: ogni volta che la vita si apre a Dio, la paura non può più tenerci in ostaggio”.
Esorta Papa Francesco: “Sorella, fratello, se i tuoi peccati ti spaventano, se il tuo passato ti inquieta, se le tue ferite non si rimarginano, se le continue cadute ti demoralizzano e ti sembra di aver smarrito la speranza, non temere. Dio conosce le tue debolezze ed è più grande dei tuoi sbagli”.
L’unica richiesta è di “non tenere dentro di sé” le proprie fragilità e miserie, ma di deporle in Dio, così che diventino “opportunità di Resurrezione”. Maria ha accolto questa richiesta, nonostante “l’annuncio dell’angelo le dava ragioni serie per temere”, perché “le proponeva qualcosa di impensabile, che andava al di là delle sue forze e che da sola non avrebbe potuto gestire”. Eppure, “Maria non solleva obiezioni. Le basta quel non temere, le basta la rassicurazione di Dio”.
È quello – dice Papa Francesco – che “dobbiamo fare noi stasera”, perché “spesso facciamo l’opposto: partiamo dalle nostre certezze e, solo quando le perdiamo, andiamo da Dio”. Maria ci insegna invece a “partire da Dio, nella fiducia che così tutto il resto ci sarà dato,” e ci invita “ad andare alla sorgente, al Signore, che è il rimedio radicale contro la paura e il male di vivere”.
Il non temere serve ancora di più oggi, dice Papa Francesco, mentre “notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi”, e mentre “l’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento. Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza”.
Per tutto questo “non bastano le rassicurazioni umane, occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore. Ritorniamo a Dio, al suo perdono”.
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Si arriva così alla terza volta che l’angelo parla a Maria, e le annuncia l’intervento di Dio nella storia, che dona il suo stesso Spirito, perché “non bastano le nostre forze” e “noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore”.
C’è bisogno, spiega Papa Francesco, “della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello spirito che ci dà l'armonia, perché lui è l'armonia. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente”.
Ammonisce il Papa che, tra le tante cose che chiediamo a Dio, non gli chiediamo “ciò che è importante e che lui desidera darci: lo Spirito Santo, la forza per amare”, perché “senza amore cosa offriremo al mondo?”
Per questo, continua Papa Francesco, “c’è bisogno di attingere dal perdono di Dio la forza dell’amore, lo stesso Spirito disceso su Maria. Perché, se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore”.
Il Papa allora invita a lasciarsi prendere “per mano dalla Madonna”, a guardare al suo Cuore Immacolato e a lei in cui “non c’è traccia di male”, motivo per cui “con lei Dio ha potuto iniziare una storia nuova di salvezza e di pace”.
Chiosa Papa Francesco: “Lì la storia ha svoltato. Dio ha cambiato la storia bussando al Cuore di Maria”.